Papa: chi scandalizza i “piccoli” subirà un “castigo terribile”
All’udienza che segna il suo rientro in Vaticano Benedetto XVI, illustrando la figura di San Cirillo di Alessandria ricorda il dovere dei pastori di “preservare la fede del popolo di Dio” e indica in San Francesco “il comportamento del radicalismo evangelico”, con la rinuncia ai beni terreni e la ricerca di semplicità, umiltà e purezza.
Città del Vaticano (AsiaNews) – Il pastore ha “il dovere di preservare la fede del popolo di Dio” e deve ricordare che chi scandalizza anche uno solo dei “piccoli” che credono in Cristo subirà un “castigo terribile”. Questo criterio che “rimane valido anche oggi” è uno degli insegnamento di San Cirillo di Alessandria, il “padre della Chiesa” del V secolo al quale oggi Benedetto XVI ha dedicato il suo discorso per l’udienza generale.
Nel corso dell’udienza, Benedetto XVI ha anche invitato ad imparare da San Francesco, che a Chiesa ricorda domani, “il comportamento del radicalismo evangelico”. Del Poverello, il Papa ha sottolineato che “imitando Cristo, ha rinunziato ai beni terreni” e “ci ha così insegnato che dobbiamo essere semplici, umili e puri, perché lasciando questo mondo riceviamo la ricompensa per amore”.
Alle oltre 20mila persone in Piazza San Pietro, in una giornata decisamente primaverile, il Papa, che proprio oggi ha lasciato Castel Gandolfo ed è rientrato definitivamente in Vaticano, ha dedicato l’odierna tappa di quello che definito “un itinerario sulle tracce dei padri della Chiesa” ad un santo onorato sia nella Chiesa d’Occidente che in quella d’Oriente e proclamato da Leone XIII “dottore della Chiesa”.
Due gli aspetti dell’insegnamento di colui che dal 412 fu per 32 anni vescovo di Alessandria: l’unità della persona di Gesù uomo e Dio e la figura di Maria come “madre di Dio”. Egli sottolineava che l’unione in Cristo delle sue due nature non ha eliminato la differenza, ma unite hanno prodotto il solo Signore Cristo. “Professeremo un solo Cristo Signore non solo perché adoriamo insieme uomo e Logos, ma per non insegnare la separazione, perché non è estraneo al Logos il suo essere uomo”, perché “accanto al Padre non siedono due Figli”. Uno solo è il Figlio sia prima dell’incarnazione sia dopo: non c’era un Figlio prima e uno dopo l’incarnazione.
Ottenne che nel concilio di Efeso del 431 fosse condannato il vescovo di Costantinopoli Nestorio, che non voleva riconoscere a Maria il titolo di madre di Dio.
Successivamente, arrivò però ad una formula di conciliazione, mostrando così la necessità della chiarezza della dottrina della nostra fede, ma anche la ricerca dell’unità.
Dell’insegnamento del vescovo di Alessandria, il Papa ha anche evidenziato un punto che egli stesso ha più volte sottolineato: “la fede cristiana è innanzi tutto incontro con Gesù, una persona che dà alla vita un nuovo orizzonte” e che “rimane con noi ogni giorno, fino alla fine dei tempi”: una certezza nella quale “dobbiamo trovare la strada della nostra vita”.
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