Papa: anche oggi Satana mette alla prova i cristiani davanti al mondo
Benedetto XVI celebra la messa “nella cena del Signore”. La preghiera per l’unità. Anche oggi Gesù “sostiene” Pietro. Tutti abbiamo bisogno di conversione. I “posti vuoti” in Terra Santa. Le offerte destinate alle vittime dello tsunami.
Roma (AsiaNews) – Tutti “abbiamo bisogno di convertirci”, tutti “dobbiamo sempre di nuovo imparare ad accettare Dio e Gesù Cristo così come Egli è, e non come noi vorremmo che fosse”, accettare “che Egli sia senza potere in questo mondo”, accettare che “si sia legato ai limiti della sua Chiesa e dei suoi ministri”, mentre “oggi constatiamo con dolore nuovamente che a Satana è stato concesso di vagliare i discepoli visibilmente davanti a tutto il mondo”. Dolore e fiducia segnano l’inizio del Trido pasquale di Benedetto XVI, che oggi pomeriggio ha celebrato nella basilica romana di san Giovanni in Laterano, la concelebrazione della Messa "nella Cena del Signore".
Dell’Ultima cena, il Papa, all’omelia - nella quale ha fatto un riferimento ai “posti vuoti” lasciati in Terra Santa - ha sottolineato tre elementi: il necessario rapporto tra fede e amore, la preghiera per l’unità dei cristiani e, in questo ambito, la frase rivolta a Pietro: "Simone, Simone, ecco: Satana vi ha cercati per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno. E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli" (Lc 22,31s).
Perciò, anche se “a Satana è stato concesso di vagliare i discepoli”, “sappiamo che Gesù prega per la fede di Pietro e dei suoi successori”. “Sappiamo che Pietro, che attraverso le acque agitate della storia va incontro al Signore ed è in pericolo di affondare, viene sempre di nuovo sorretto dalla mano del Signore e guidato sulle acque. Ma poi segue un annuncio e un incarico. ‘Tu, una volta convertito…’”. “Da che cosa Pietro ha dovuto convertirsi? All’inizio della sua chiamata, spaventato dal potere divino del Signore e dalla propria miseria, Pietro aveva detto: ‘Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore!’ (Lc 5,8). Alla luce del Signore egli riconosce la sua insufficienza. Proprio così, nell’umiltà di chi sa di essere peccatore, egli viene chiamato. Egli deve sempre di nuovo ritrovare questa umiltà. Presso Cesarea di Filippo Pietro non aveva voluto accettare che Gesù avrebbe dovuto soffrire ed essere crocifisso. Ciò non era conciliabile con la sua immagine di Dio e del Messia. Nel cenacolo egli non ha voluto accettare che Gesù gli lavasse i piedi: ciò non si adattava alla sua immagine della dignità del Maestro. Nell’orto degli ulivi ha colpito con la spada. Voleva dimostrare il suo coraggio. Davanti alla serva, però, ha affermato di non conoscere Gesù. In quel momento ciò gli sembrava una piccola bugia, per poter rimanere nelle vicinanze di Gesù. Il suo eroismo è crollato in un gioco meschino per un posto al centro degli avvenimenti. Tutti noi dobbiamo sempre di nuovo imparare ad accettare Dio e Gesù Cristo così come Egli è, e non come noi vorremmo che fosse. Anche noi stentiamo ad accettare che Egli si sia legato ai limiti della sua Chiesa e dei suoi ministri. Anche noi non vogliamo accettare che Egli sia senza potere in questo mondo. Anche noi ci nascondiamo dietro pretesti, quando l’appartenenza a Lui ci diventa troppo costosa e troppo pericolosa. Tutti noi abbiamo bisogno di conversione che accoglie Gesù nel suo essere-Dio ed essere-Uomo. Abbiamo bisogno dell’umiltà del discepolo che segue la volontà del Maestro. In quest’ora vogliamo pregarLo di guardare anche a noi come ha guardato Pietro, nel momento opportuno, con i suoi occhi benevoli, e di convertirci”.
“Pietro, il convertito, è chiamato a confermare i suoi fratelli. Non è un fatto esteriore che questo compito gli venga affidato nel cenacolo. Il servizio dell’unità ha il suo luogo visibile nella celebrazione della santa Eucaristia. Cari amici, per il Papa è un grande conforto sapere che in ogni Celebrazione eucaristica tutti pregano per lui; che la nostra preghiera si unisce alla preghiera del Signore per Pietro. Solo grazie alla preghiera del Signore e della Chiesa il Papa può corrispondere al suo compito di confermare i fratelli – di pascere il gregge di Gesù e di farsi garante per quell’unità che diventa testimonianza visibile della missione di Gesù da parte del Padre”.
“La fede che richiede l’amore” è il secondo elemento evidenziato da Benedetto XVI: Gesù è andato al cenacolo, luogo “del suo ultimo convito e dell’istituzione della santa Eucaristia”, “desiderandolo”. “Nel desiderio di Gesù possiamo riconoscere il desiderio di Dio stesso – il suo amore per gli uomini, per la sua creazione, un amore in attesa. L’amore che attende il momento dell’unione, l’amore che vuole attirare gli uomini a sé, per dare compimento con ciò anche al desiderio della stessa creazione: essa, infatti, è protesa verso la manifestazione dei figli di Dio (cfr Rm 8,19). Gesù ha desiderio di noi, ci attende. E noi, abbiamo veramente desiderio di Lui? C’è dentro di noi la spinta ad incontrarLo? Bramiamo la sua vicinanza, il diventare una cosa sola con Lui, di cui Egli ci fa dono nella santa Eucaristia? Oppure siamo indifferenti, distratti, pieni di altro? Dalle parabole di Gesù sui banchetti sappiamo che Egli conosce la realtà dei posti rimasti vuoti, la risposta negativa, il disinteresse per Lui e per la sua vicinanza. I posti vuoti al banchetto nuziale del Signore, con o senza scuse, sono per noi, ormai da tempo, non una parabola, bensì una realtà presente, proprio in quei Paesi ai quali Egli aveva manifestato la sua vicinanza particolare. Gesù sapeva anche di ospiti che sarebbero sì venuti, ma senza essere vestiti in modo nuziale – senza gioia per la sua vicinanza, seguendo solo un’abitudine, e con tutt’altro orientamento della loro vita”.
“San Gregorio Magno, in una delle sue omelie, si domandava: Che genere di persone sono quelle che vengono senza abito nuziale? In che cosa consiste questo abito e come lo si acquista? La sua risposta è: Quelli che sono stati chiamati e vengono hanno in qualche modo fede. È la fede che apre loro la porta. Ma manca loro l’abito nuziale dell’amore. Chi vive la fede non come amore non è preparato per le nozze e viene mandato fuori. La comunione eucaristica richiede la fede, ma la fede richiede l’amore, altrimenti è morta anche come fede”.
L’unità dei cristiani, infine, per la quale, come racconta Giovanni, Gesù ha pregato quattro volte durante l’Ultima cena. “Gesù dice esplicitamente che tale supplica non vale soltanto per i discepoli allora presenti, ma ha di mira tutti coloro che crederanno in Lui (cfr Gv 17,20). Chiede che tutti diventino una sola cosa ‘come tu, Padre, sei in me e io in te … perché il mondo creda’ (Gv 17,21)”. “L’unità dei cristiani può esserci soltanto se i cristiani sono intimamente uniti a Lui, a Gesù. Fede e amore per Gesù, fede nel suo essere uno col Padre e apertura all’unità con Lui sono essenziali. Questa unità non è dunque una cosa soltanto interiore, mistica. Deve diventare visibile, così visibile da costituire per il mondo la prova della missione di Gesù da parte del Padre”.
Nel corso della celebrazione, il Papa ha compiuto il rito della lavanda dei piedi a dodici sacerdoti della diocesi di Roma. E al momento della presentazione dei doni è stata affidata al Papa un’offerta per le vittime del terremoto e dello tsunami in Giappone.
Al termine della celebrazione ha avuto luogo la traslazione del SS.mo Sacramento alla Cappella della reposizione.
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