Papa: a Napoli, "Oggi è il primo giorno di primavera. Pregate per i giovani, per il loro futuro, per la speranza".
Napoli (AsiaNews) - "Oggi è il primo giorno di primavera. Pregate per i giovani, per il loro futuro, per la speranza". Un invito alla speranza, nella certezza che Dio veglia su di noi. E' il messaggio della giornata trascorsa a Napoli da papa Francesco, che egli stesso ha lanciato a centomila giovani accorsi sul lungomare per l'ultimo incontro di una visita che l'ha visto avvicinare tutte le realtà di una città difficile, dai carcerati ai malati, dagli abitanti di un quartiere fino a poco fa regno di spacciatori e violenti, a sacerdoti e religiosi.
Un incontro, l'ultimo della giornata, che ha dato occasione a Francesco, accolto da canzoni napoletane, per tornare a condannare una società che "scarta" giovani e anziani e che vede l'eutanasia come soluzione ai mali della vecchiaia. Non solo "eutanasia tecnica" fatta con una iniezione, ma una "eutanasia nascosta", quando agli anziani sono negati medicine, cibo, l'affetto della famiglia. "La solitudine è il grande veleno del vecchio". E ha invitato tutti coloro che hanno genitori anziani a un esame di coscienza, a pensare quando è stata l'ultima volta che hanno telefonato o li hanno visitati.
Di speranza, ma anche di conversione Francesco ha parlato con i detenuti del carcere di Poggioreale dove ha anche pranzato con una rappresentanza dei carcerati. "A volte - ha detto loro - capita di sentirsi delusi, sfiduciati, abbandonati da tutti: ma Dio non si dimentica dei suoi figli, non li abbandona mai! Egli è sempre al nostro fianco, specialmente nell'ora della prova; è un Padre «ricco di misericordia», che volge sempre su di noi il suo sguardo sereno e benevolo, ci attende sempre a braccia aperte. Questa è una certezza che infonde consolazione e speranza, specialmente nei momenti difficili e tristi. Anche se nella vita abbiamo sbagliato, il Signore non si stanca di indicarci la via del ritorno e dell'incontro con Lui. L'amore di Gesù per ciascuno di noi è sorgente di consolazione e di speranza. E' una certezza fondamentale per noi: niente potrà mai separarci dall'amore di Dio! Neanche le sbarre di un carcere. L'unica cosa che ci può separare da Lui è il nostro peccato; ma se lo riconosciamo e lo confessiamo con pentimento sincero, proprio quel peccato diventa luogo di incontro Lui, perché Lui è misericordia". "L'amore - ha detto più avanti - può sempre trasformare la persona umana. E allora un luogo di emarginazione, come può essere il carcere in senso negativo, può diventare un luogo di inclusione e di stimolo per tutta la società, perché sia più giusta, più attenta alle persone".
"Vi invito - ha concluso - a vivere ogni giorno, ogni momento alla presenza di Dio, a cui appartiene il futuro del mondo e dell'uomo. Ecco la speranza cristiana: il futuro è nelle mani di Dio! La storia ha un senso perché è abitata dalla bontà di Dio. Pertanto, anche in mezzo a tanti problemi, anche gravi, non perdiamo la nostra speranza nella infinita misericordia di Dio e nella sua provvidenza. Con questa sicura speranza, prepariamoci alla Pasqua ormai vicina, orientando decisamente la nostra vita verso il Signore e mantenendo viva in noi la fiamma del suo amore".
In cattedrale, incontrando poco dopo religiosi e religiose, Francesco ha raccomandato che anche "in una realtà impegnativa come Napoli, con antiche e nuove sfide, ci si butta a capofitto per andare incontro alle necessità di tanti fratelli e sorelle, correndo il rischio di venire totalmente assorbiti", si trovi sempre "il tempo per stare davanti al Tabernacolo, sostare lì in silenzio, per sentire su di noi lo sguardo di Gesù, che ci rinnova e ci rianima". "Il cammino nella vita consacrata - ha proseguito - è andare nella sequela di Gesù; anche la vita consacrata in genere, anche per i sacerdoti: andare dietro a Gesù e con voglia di lavorare per il Signore".
Egli ha poi messo in guardia contro le chiacchiere, che "distruggono". "Quello che chiacchiera è un terrorista che butta una bomba, distrugge e lui è fuori". Il diavolo, ha aggiunto "ci tenta sempre con gelosie, invidie, lotte interne, antipatie", cose che "non ci aiutano a fare una vera fratellanza", dando invece "testimonianza di divisione". Se la vocazione significa lasciare o non avere una famiglia, i figli, l'amore coniugale, per finire a litigare col vescovo, con i fratelli sacerdoti, con i fedeli, "questa non è testimonianza".
Un incoraggiamento il Papa lo ha rivolto anche a un folto gruppo di malati, raccolti nella basilica del Gesù Nuovo. A loro a ricordato innanzi tutto "l'umanizzazione della medicina" della quale è stato esempio il medico napoletano Giuseppe Moscati, proclamato santo da Giovanni Paolo II. Alle persone malate, poi ha raccomandato di non chiudersi in se stessi, ma "a sua volta a farsi vicina, ad aiutare l'altro che magari fa più fatica, è più sconfortato. Portare i pesi gli uni degli altri: questo si vive anche nella malattia, grazie alla misericordia di Gesù per noi. Lui ci rende capaci di vivere l'amore di Dio e del prossimo anche nel dolore, nella malattia e nella sofferenza. L'amore è capace di trasformare ogni cosa. E com'è importante, com'è necessaria per il popolo di Dio la preghiera degli ammalati! E' potente. Pregate per le necessità della gente, pregate per la pace, pregate per la Chiesa...".
All'incontro con i giovani Francesco è arrivato, ha confessato lui stesso, "stanco". Ma non si è sottratto alle domande, rispondendo a braccio. Ha così denunciato gli attacchi ideologici su famiglia, alla quale Papa Francesco rispose: "La famiglia è in crisi E' vero, ma non è nuovo". "Il matrimonio e la vita familiare non è come imparare una lingua... Otto lezioni e sei fluente . ci vuole tempo. e deve essere ben preparato. "Il fidanzamento - ha continuato - ha perso il senso sacro del rispetto: fidanzamento e convivenza oggi è quasi lo stesso. Ma non è giusto, l'amore ha i suoi tempi: come la frutta che prima è acerba ma se non la cogli va a male". E dopo i primi tempi "anche il matrimonio si matura e volano i piatti, meglio quelli di plastica, è più sicuro, non si rompono". In ogni caso, "non finite la giornata senza fare la pace. Non è necessario mettersi in ginocchio. Basta una carezza. Fate la pace lo stesso giorno, quello dopo è molto più difficile. E - ha aggiunto - chiedete all'altro se piace o non piace una cosa", perché "l'io non è molto valido nel matrimonio. La gioia in due è tre volte gioia. La pena in due è metà pena". E infine "se vedi uno che ti piace e ti dici che non lo hai conosciuto prima, fermati: è arrivato tardi, chiudi la porta subito".
Soprattutto, ha concluso, serve richiede la testimonianza di coppie sposate, che possono insegnare ai giovani come affrontare e risolvere i problemi insieme.
27/04/2022 11:16