Papa: a Milano, in una società che offre tante culture i pastori educhino a scegliere
La visita di Francesco è cominciata nel quartiere periferico delle “Case bianche” dove si è recato a casa di tre famiglie. L’incontro in Duomo con sacerdoti e consacrati: formare al discernimento. “Scegliete le periferie, risvegliate processi, accendete la speranza spenta e fiaccata da una società che è diventata insensibile al dolore degli altri”.
Milano (AsiaNews) – Formare al discernimento, “una scelta che come pastori non possiamo eludere” è stato tema centrale nel dialogo di Francesco con i sacerdoti e i consacrati, svoltosi nel Duomo di Milano. E’ stato l’appuntamento centrale della prima parte di una visita cominciata, stamattina, in tre appartamenti del quartiere Forlanini – “Case Bianche”, zona popolare del capoluogo lombardo (nella foto).
Famiglie in certo modo esempio di quanti vivono nelle periferie della grandi città: due anziani coniugi, sposati in chiesa 61 anni fa, una coppia di mezza età, sposata civilmente, con lui ex alcolista e seriamente malato e una coppia di immigrati marocchini, definiti “musulmani fedeli e molto aperti”, che, tra l’altro, collaborano nella scuola parrocchiale di lingua araba. Salutando poi le migliaia di persone che lo aspettavano nel piazzale del quartiere, Francesco ha ringraziato per “la vostra accoglienza. Siete voi – ha aggiunto - che mi accogliete all’ingresso in Milano, e questo è un grande dono per me: entrare nella città incontrando dei volti, delle famiglie, una comunità”.
A sacerdoti e consacrati il Papa ha dedicato il secondo incontro, che ha assorbito la gran parte della mattinata. In Duomo Francesco ha risposto a tre domande postegli da un sacerdote, una religiosa e un diacono permanente.
“C’è una scelta – ha detto rispondendo al sacerdote che gli aveva chiesto delle ‘sfide della secolarizzazione e della evoluzione della società milanese, società plurale, multietnica, multireligiosa e multiculturale’ - che come pastori non possiamo eludere: formare al discernimento. Come mi pare di aver capito dalla domanda, la diversità offre uno scenario molto insidioso. La cultura dell’abbondanza a cui siamo sottoposti offre un orizzonte di tante possibilità, presentandole tutte come valide e buone. I nostri giovani sono esposti a uno zapping continuo. Possono navigare su due o tre schermi aperti contemporaneamente, possono interagire nello stesso tempo in diversi scenari virtuali. Ci piaccia o no, è il mondo in cui sono inseriti ed è nostro dovere come pastori aiutarli ad attraversare questo mondo. Perciò ritengo che sia bene insegnare loro a discernere, perché abbiano gli strumenti e gli elementi che li aiutino a percorrere il cammino della vita senza che si estingua lo Spirito Santo che è in loro. In un mondo senza possibilità di scelta, o con meno possibilità, forse le cose sembrerebbero più chiare, non so. Oggi i nostri fedeli – e noi stessi – siamo esposti a questa realtà, e perciò sono convinto che come comunità ecclesiale dobbiamo incrementare l’habitus del discernimento, e questo dai piccoli agli adulti. Quando si è bambini è facile che il papà e la mamma ci dicano quello che dobbiamo fare, e va bene. Ma via via che cresciamo, in mezzo a una moltitudine di voci dove apparentemente tutte hanno ragione, il discernimento di ciò che ci conduce alla Risurrezione, alla Vita e non a una cultura di morte, è cruciale”.
“Voi diaconi – ha ribadito, rispondendo al dicono che aveva posto la domanda ‘Quale contributo siamo chiamati ad offrire come diaconi permanenti per delineare il volto della Chiesa beata, disinteressata, umile’ - avete molto da dare. Pensiamo al valore del discernimento. All’interno del presbiterio, voi potete essere una voce autorevole per mostrare la tensione che c’è tra il dovere e il volere, le tensioni che si vivono all’interno della vita familiare, come pure le sue benedizioni.
Il diacono, ha detto poi, “non è un mezzo prete”. “Il diaconato – ha aggiunto - è una vocazione specifica, una vocazione familiare che richiama il servizio come uno dei doni caratteristici del popolo di Dio. Il diacono è – per così dire – il custode del servizio nella Chiesa. Il servizio alla Parola, il servizio all’Altare, il servizio ai Poveri. E la sua missione, la sua forza e il suo contributo consistono in questo: nel ricordare a tutti noi che la fede, nelle sue diverse espressioni – la liturgia comunitaria, la preghiera personale, le diverse forme di carità – e nei suoi vari stati di vita – laicale, clericale, familiare – possiede un’essenziale dimensione di servizio. Il servizio a Dio e ai fratelli. E quanta strada c’è da fare in questo senso!”.
Alla suora, infine, che gli aveva chiesto “Quali periferie esistenziali e quali ambiti scegliere con le nostre poche forze, consapevoli di essere nel nostro tempo una minoranza?”, Francesco ha risposto: “Non oserei dirvi a quali periferie esistenziali deve dirigersi la missione, perché normalmente lo Spirito ha ispirato i carismi per le periferie, per andare nei luoghi, negli angoli solitamente abbandonati. Non credo che il Papa possa dirvi: occupatevi di questa o di quella. Ciò che il Papa può dirvi è questo: siete poche, siete pochi, quelli che siete, andate nelle periferie, andate ai confini a incontrarvi col Signore, a rinnovare la missione delle origini, alla Galilea del primo incontro. Scegliete le periferie, risvegliate processi, accendete la speranza spenta e fiaccata da una società che è diventata insensibile al dolore degli altri. Nella nostra fragilità come congregazioni possiamo farci più attenti a tante fragilità che ci circondano e trasformarle in spazio di benedizione. Andate e portate l’’unzione’ di Cristo, andate.
Non dimentichiamo che quando si mette Gesù in mezzo al suo popolo, questo trova la gioia. Sì, solo questo potrà restituirci la gioia e la speranza, solo questo ci salverà dal vivere in un atteggiamento di sopravvivenza [e rassegnazione]. Solo questo renderà feconda la nostra vita e manterrà vivo il nostro cuore. Mettere Gesù là dove deve stare: in mezzo al suo popolo”.
Uscendo dal Duomo, il Papa ha recitato l’Angelus con le decine di migliaia di persone che lo aspettavano nella piazza e si è quindi recato al carcere di san Vittore, dove incontrerà i carcerati e pranzerà con loro.