Papa: a Fatima, nel mondo è grande il bisogno della testimonianza di sacerdoti “fedeli”
Nella città mariana, Benedetto XVI nella Cappellina delle apparizioni parla del proiettile che ferì Giovanni Paolo II. Celebrando i vespri con i sacerdoti, esprime il ringraziamento a quanti hanno donato la vita a Cristo. “Grazie per la vostra testimonianza spesso silenziosa e per niente facile; grazie per la vostra fedeltà al Vangelo e alla Chiesa”.
Fatima (AsiaNews) - Quanto è “grande”, nel mondo di oggi, dove molti vivono come se Dio non esistesse, il “bisogno di testimonianza” di sacerdoti “fedeli”, che vivano “la radicalità evangelica”. Nell’Anno sacerdotale che volge al termine, Benedetto XVI ha dedicato a preti, seminaristi e religiosi i primi momenti del suo arrivo a Fatima, meta principale di questo suo viaggio in Portogallo.
Accolto da una immensa folla di fedeli, il Papa, al suo arrivo, si è recato in auto alla Cappellina delle Apparizioni presso il Santuario, dove, in una preghiera, ha presentato al “Cuore Immacolato/ le gioie e le speranze/ nonché i problemi e le sofferenze/ di ognuno di questi tuoi figli e figlie/ che si trovano nella Cova di Iria/ oppure ci accompagnano da lontano”. Nella preghiera, Benedetto XVI ha anche ricordato che nella corono della Vergine che è a Fatima è conservato il proiettile che il 13 maggio 1981 ferì Giovanni Paolo II.
Subito dopo, nella chiesa della SS.ma Trindade ha celebrato i vespri con il clero, i seminaristi, i religiosi e alcuni operatori pastorali. Ai presenti, il Papa ha più volte ricordato la fedeltà e la testimonianza. “A tutti voi che avete donato la vita a Cristo – ha detto - desidero, questa sera, esprimere l’apprezzamento e la riconoscenza ecclesiale. Grazie per la vostra testimonianza spesso silenziosa e per niente facile; grazie per la vostra fedeltà al Vangelo e alla Chiesa”.
“Permettetemi – ha aggiunto più avanti - di aprirvi il cuore per dirvi che la principale preoccupazione di ogni cristiano, specialmente della persona consacrata e del ministro dell’Altare, dev’essere la fedeltà, la lealtà alla propria vocazione, come discepolo che vuole seguire il Signore. La fedeltà nel tempo è il nome dell’amore; di un amore coerente, vero e profondo a Cristo Sacerdote. «Se il battesimo è un vero ingresso nella santità di Dio attraverso l’inserimento in Cristo e l’inabitazione del suo Spirito, sarebbe un controsenso accontentarsi di una vita mediocre, vissuta all’insegna di un’etica minimalista e di una religiosità superficiale» (Giovanni Paolo II, Lettera ap. Novo millennio ineunte, 31). In quest’Anno Sacerdotale che volge al termine, scenda su tutti voi una grazia abbondante perché viviate la gioia della consacrazione e testimoniate la fedeltà sacerdotale fondata sulla fedeltà di Cristo. Ciò suppone evidentemente una vera intimità con Cristo nella preghiera, poiché sarà l’esperienza forte ed intensa dell’amore del Signore che dovrà portare i sacerdoti e i consacrati a corrispondere in un modo esclusivo e sponsale al suo amore”.
E ancora “la fedeltà alla propria vocazione esige coraggio e fiducia, ma il Signore vuole anche che sappiate unire le vostre forze; siate solleciti gli uni verso gli altri, sostenendovi fraternamente. I momenti di preghiera e di studio in comune, la condivisione delle esigenze della vita e del lavoro sacerdotale sono una parte necessaria della vostra vita. Come è meraviglioso quando vi accogliete vicendevolmente nelle vostre case, con la pace di Cristo nei vostri cuori! Come è importante aiutarvi a vicenda per mezzo della preghiera e con utili consigli e discernimenti! Riservate particolare attenzione alle situazioni di un certo indebolimento degli ideali sacerdotali oppure al fatto di dedicarsi ad attività che non si accordano integralmente con ciò che è proprio di un ministro di Gesù Cristo. Quindi è il momento di assumere, insieme con il calore della fraternità, il fermo atteggiamento del fratello che aiuta il proprio fratello a ‘restare in piedi’”.
“Quanto grande è oggi il bisogno di questa testimonianza! Molti dei nostri fratelli vivono come se non ci fosse un Aldilà, senza preoccuparsi della propria salvezza eterna. Gli uomini sono chiamati ad aderire alla conoscenza e all’amore di Dio, e la Chiesa ha la missione di aiutarli in questa vocazione. Sappiamo bene che Dio è padrone dei suoi doni; e la conversione degli uomini è grazia. Ma siamo responsabili dall’annuncio della fede, della totalità della fede e delle sue esigenze. Cari amici, imitiamo il Curato d’Ars che così pregava il buon Dio: «Concedimi la conversione della mia parrocchia, e io accetto di soffrire tutto ciò che Tu vuoi per il resto della vita». E tutto ha fatto per strappare le persone alla propria tiepidezza per ricondurle all’amore”.
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