Papa: Preghiamo Maria perché maturino vocazioni per la nuova evangelizzazione
Benedetto XVI parla con meraviglia dei “protagonisti” della nuova evangelizzazione: uomini e donne, persone consacrate e laici, singoli e famiglie, “operai umili e generosi”. Il Vangelo cambia il mondo “come un fiume che irriga un immenso campo”.
Castel Gandolfo (AsiaNews) – Una preghiera perché sorgano vocazioni religiose e laicali al servizio della nuova evangelizzazione e l’ammirazione per il modo in cui tante persone già vivono questo impegno nel mondo: è quanto Benedetto XVI ha espresso oggi nella sua riflessione prima dell’Angelus con i pellegrini radunati nel cortile del palazzo apostolico di Castel Gandolfo.
Alla fine della sua riflessione il papa ha esortato tutti a rivolgersi “in preghiera alla Vergine Maria, perché in tutta la Chiesa maturino vocazioni sacerdotali, religiose e laicali per il servizio della nuova evangelizzazione”.
La “nuova evangelizzazione” è una delle questioni nate in questi anni proprio grazie a Benedetto XVI per affrontare il secolarismo e la cosiddetta “apostasia silenziosa” che caratterizza molto mondo occidentale. “Oggi - ha detto il papa - viviamo in un’epoca di nuova evangelizzazione. Vasti orizzonti si aprono all’annuncio del Vangelo, mentre regioni di antica tradizione cristiana sono chiamate a riscoprire la bellezza della fede”.
Per affrontare queste nuove sfide, Benedetto XVI ha dato il via a un nuovo dicastero vaticano. Il papa parla con meraviglia di tanti “protagonisti di questa missione” che già lavorano in questo campo: “sono uomini e donne che, come san Paolo, possono dire: ‘Per me vivere è Cristo’. Persone, famiglie, comunità che accettano di lavorare nella vigna del Signore, secondo l’immagine del Vangelo di questa domenica (cfr Mt 20,1-16). Operai umili e generosi, che non chiedono altra ricompensa se non quella di partecipare alla missione di Gesù e della Chiesa. ‘Se il vivere nel corpo – scrive ancora san Paolo – significa lavorare con frutto, non so davvero che cosa scegliere’ (Fil 1,22): se l’unione piena con Cristo al di là della morte, o il servizio al suo corpo mistico in questa terra”.
Per parlare della nuova evangelizzazione, il papa ha preso dalla lettura della lettera ai Filippesi, presente nella liturgia di oggi. “Paolo - ha spiegato il pontefice - giunse a Filippi durante il suo secondo viaggio missionario, provenendo dalla costa dell’Anatolia e attraversando il Mare Egeo. Fu quella la prima volta in cui il Vangelo giunse in Europa. Siamo intorno all’anno 50, dunque circa
vent’anni dopo la morte e la risurrezione di Gesù”.
Questo mistero di Cristo morto e risorto “è diventato un tutt’uno con la vita dell’apostolo Paolo, che scrive questa lettera mentre si trova in prigione, in attesa di una sentenza di vita o di morte. Egli afferma: “Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno” (Fil 1,21). E’ un nuovo senso della vita, dell’esistenza umana, che consiste nella comunione con Gesù Cristo vivente; non solo con un personaggio storico, un maestro di saggezza, un leader religioso, ma con un uomo in cui abita personalmente Dio”.
“ La sua morte e risurrezione - ha continuato - è la Buona Notizia che, partendo da Gerusalemme, è destinata a raggiungere tutti gli uomini e i popoli, e a trasformare dall’interno tutte le culture, aprendole alla verità fondamentale: Dio è amore, si è fatto uomo in Gesù e con il suo sacrificio ha riscattato l’umanità dalla schiavitù del male donandole una speranza affidabile”.
“San Paolo - ha ancora spiegato - era un uomo che riassumeva in sé tre mondi: quello ebraico, quello greco e quello romano. Non a caso Dio affidò a lui la missione di portare il Vangelo dall’Asia Minore alla Grecia e poi a Roma, gettando un ponte che avrebbe proiettato il Cristianesimo fino agli estremi confini della terra”.
“Cari amici – ha concluso il papa - il Vangelo ha trasformato il mondo, e ancora lo sta trasformando, come un fiume che irriga un immenso campo”.
Alla fine della sua riflessione il papa ha esortato tutti a rivolgersi “in preghiera alla Vergine Maria, perché in tutta la Chiesa maturino vocazioni sacerdotali, religiose e laicali per il servizio della nuova evangelizzazione”.
La “nuova evangelizzazione” è una delle questioni nate in questi anni proprio grazie a Benedetto XVI per affrontare il secolarismo e la cosiddetta “apostasia silenziosa” che caratterizza molto mondo occidentale. “Oggi - ha detto il papa - viviamo in un’epoca di nuova evangelizzazione. Vasti orizzonti si aprono all’annuncio del Vangelo, mentre regioni di antica tradizione cristiana sono chiamate a riscoprire la bellezza della fede”.
Per affrontare queste nuove sfide, Benedetto XVI ha dato il via a un nuovo dicastero vaticano. Il papa parla con meraviglia di tanti “protagonisti di questa missione” che già lavorano in questo campo: “sono uomini e donne che, come san Paolo, possono dire: ‘Per me vivere è Cristo’. Persone, famiglie, comunità che accettano di lavorare nella vigna del Signore, secondo l’immagine del Vangelo di questa domenica (cfr Mt 20,1-16). Operai umili e generosi, che non chiedono altra ricompensa se non quella di partecipare alla missione di Gesù e della Chiesa. ‘Se il vivere nel corpo – scrive ancora san Paolo – significa lavorare con frutto, non so davvero che cosa scegliere’ (Fil 1,22): se l’unione piena con Cristo al di là della morte, o il servizio al suo corpo mistico in questa terra”.
Per parlare della nuova evangelizzazione, il papa ha preso dalla lettura della lettera ai Filippesi, presente nella liturgia di oggi. “Paolo - ha spiegato il pontefice - giunse a Filippi durante il suo secondo viaggio missionario, provenendo dalla costa dell’Anatolia e attraversando il Mare Egeo. Fu quella la prima volta in cui il Vangelo giunse in Europa. Siamo intorno all’anno 50, dunque circa
vent’anni dopo la morte e la risurrezione di Gesù”.
Questo mistero di Cristo morto e risorto “è diventato un tutt’uno con la vita dell’apostolo Paolo, che scrive questa lettera mentre si trova in prigione, in attesa di una sentenza di vita o di morte. Egli afferma: “Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno” (Fil 1,21). E’ un nuovo senso della vita, dell’esistenza umana, che consiste nella comunione con Gesù Cristo vivente; non solo con un personaggio storico, un maestro di saggezza, un leader religioso, ma con un uomo in cui abita personalmente Dio”.
“ La sua morte e risurrezione - ha continuato - è la Buona Notizia che, partendo da Gerusalemme, è destinata a raggiungere tutti gli uomini e i popoli, e a trasformare dall’interno tutte le culture, aprendole alla verità fondamentale: Dio è amore, si è fatto uomo in Gesù e con il suo sacrificio ha riscattato l’umanità dalla schiavitù del male donandole una speranza affidabile”.
“San Paolo - ha ancora spiegato - era un uomo che riassumeva in sé tre mondi: quello ebraico, quello greco e quello romano. Non a caso Dio affidò a lui la missione di portare il Vangelo dall’Asia Minore alla Grecia e poi a Roma, gettando un ponte che avrebbe proiettato il Cristianesimo fino agli estremi confini della terra”.
“Cari amici – ha concluso il papa - il Vangelo ha trasformato il mondo, e ancora lo sta trasformando, come un fiume che irriga un immenso campo”.
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