Papa: "Deus caritas est", tutto l'amore è venuto da Dio ed a lui riporta
La prima enciclica di Benedetto XVI sottolinea che è stato Dio ad amare per primo. Quando l'eros si cura dell'altro prima che di se stesso diventa agape. Il servizio della carità è intrinseco alla natura della Chiesa, ma deve essere "per tutti", saper venire "dal cuore", essere indipendente dalle ideologie e non avere secondi fini. L'esempio di Madre Teresa.
Città del Vaticano (AsiaNews) - Il primo ad amare è stato Dio: è amore la creazione dell'uomo al quale ha dato una compagna da amare, nell'unità di corpo ed anima; è per amore a tutti gli uomini che ha dato il figlio fattosi egli stesso uomo; è quell'amore che si riverbera in tutti gli "amori" terreni e per il quale la Chiesa sente l'obbligo di offrire a tutti la sua fede e la sua carità.
E' il filo conduttore di "Deus caritas est", la prima enciclica di Benedetto XVI, firmata a Natale e resa pubblica oggi. Nelle 73 pagine del documento il Papa afferma che l'amore ha una unica fonte e "dimensioni diverse", che anche nell'uomo può superare il momento dell'egoismo, della ricerca del proprio bene, per trasformarsi, da eros in agape, nel quale "uno non cerca più se stesso, ma il bene dell'altro".
"Vivere l'amore e in questo modo far entrare la luce di Dio nel mondo, ecco afferma il Papa - ciò a cui vorrei invitare con la presente enciclica (39)". Perché "siccome Dio ci ha amati per primo", l'amore è "la risposta al dono dell'amore". "In un mondo in cui al nome di Dio viene a volte collegata la vendetta o perfino il dovere dell'odio e della violenza, questo è il messaggio di grande attualità e di significato molto concreto (1)".
I molti significati di una parola
Il papa-teologo parte dalla definizione linguistica: "amore" si usa in tanti significati diversi, parlando di lavoro, di patria, di genitori, di amici, di Dio. Tra tanti l'amore tra uomo e donna "emerge come archetipo di amore per eccellenza". E' l'eros dei greci, quello che la Chiesa è accusata di aver distrutto. In realtà, nella Bibbia, e soprattutto nel Nuovo Testamento, il concetto viene sviluppato, superando la riduzione a "puro sesso" dell'amore, quando l'eros "diventa merce, una semplice 'cosa', che si può comprare e vendere, l'uomo stesso diventa merce (5)".Anche terminologicamente la Scrittura alla parola eros preferisce agape, che esprime l'amore oblativo. "Anche se l'eros inizialmente è soprattutto bramoso, ascendente, fascinazione per la grande promessa di felicità, nell'avvicinarsi poi all'altro si porrà sempre meno domande su di sé, cercherà sempre più la felicità dell'altro, si preoccuperà sempre più di lui, si donerà e desidererà 'esserci per' l'altro (7)". Facendosi "scoperta dell'altro", "cura dell'altro e per l'altro", che lascia l'egoismo per la ricerca del bene dell'amato diverrà agape. Che ha in sé anche "il senso dell'esclusività, solo quest'unica persona," e il senso del "per sempre", che si realizzano nel matrimonio.
"In realtà eros e agape, amore discendente e amore ascendente, non si lasciano mai separare completamente l'uno dall'altro (7)". Si vede così che "in fondo 'l'amore' è un'unica realtà, seppure con diverse dimensioni; di volta in volta l'una o l'altra dimensione può emergere (8)".
E "la fede biblica", "non costituisce un mondo parallelo o un mondo contrapposto", "ma accetta tutto l'uomo intervenendo nella sua ricerca di amore per purificarla, dischiudendogli al contempo nuove dimensioni".
La nuova immagine di Dio
La "novità" della fede biblica si manifesta anche nella "nuova immagine di Dio": unico e creatore dell'intera realtà, che ama la sua creatura, l'uomo. Ma "l'eros di Dio per l'uomo è insieme totalmente agape. Non soltanto perché viene donato del tutto gratuitamente, senza alcun merito precedente, ma anche perché è un amore che perdona (10)". Più ancora: nell'incarnazione e nella morte in croce "si compie quel volgersi di Dio contro se stesso nel quale Egli si dona per rialzare l'uomo e salvarlo amore, questo, nella sua forma più radicale (12)".
"A questo atto di offerta, Gesù ha dato una presenza duratura attraverso l'istituzione dell'Eucaristia (13)". In essa non c'è solo l'"unione" con Dio, grazie alla partecipazione al corpo e al sangue di Gesù, ma anche un carattere "sociale", "perché nella comunione sacramentale io vengo unito al Signore come tutti gli altri comunicanti (14)". Nel "culto" della comunione eucaristica "è contenuto l'essere amati e amare a propria volta gli altri (14)".
E' per questo che fin dall'inizio del cristianesimo si è detto "inscindibile" l'amore per Dio e quello per il prossimo. "Entrambi si richiamano così strettamente che l'affermazione dell'amore di Dio diventa una menzogna, se l'uomo si chiude al prossimo o addirittura lo odia (16)". "Amore di Dio e amore del prossimo sono inseparabili, sono un unico comandamento. Entrambi però vivono dell'amore proveniente da Dio, che ci ha amati per primo". Nasce da qui il "servizio della carità" della Chiesa. Anzi, essa, con l'annuncio della Parola e la celebrazione dei sacramenti, fa parte del triplice compito nel quale si esprime "l'intima natura della Chiesa". "La carità non è per la Chiesa una specie di attività di assistenza sociale che potrebbe anche lasciare ad altri, ma appartiene alla sua natura, è espressione irrinunciabile della sua stessa essenza (25)" ed è per sua natura rivolta verso chiunque sia nel bisogno.
L'attività caritativa è stata oggetto della critica del marxismo, perché i poveri non dovrebbero aver bisogno di carità, ma di giustizia, che li escluderebbe dal bisogno. Ma, a parte il fallimento del marxismo, anche nella società più giusta "ci sarà sempre sofferenza che necessita di consolazione e di aiuto (28)". "L'affermazione secondo la quale le strutture giuste renderebbero superflue le opere di carità di fatto nasconde una concezione materialistica dell'uomo: il pregiudizio secondo cui l'uomo vivrebbe 'di solo pane' (28)".
La carità e l'impegno per la giustizia
Ciò non esclude "il necessario impegno per la giustizia". "Il giusto ordine della società e dello Stato è compito generale della politica". Riaffermando la "distinzione tra Stato e Chiesa", l'enciclica osserva che se "la giustizia è lo scopo e quindi anche la misura intrinseca di ogni politica", questa riguarda lo Stato. E la domanda in essa contenuta che cos'è la giustizia, "è un problema che riguarda la ragion pratica, ma per poter operare rettamente la ragione deve sempre di nuovo essere purificata, perché il suo accecamento etico, derivante dal prevalere dell'interesse e del potere che l'abbagliano, è un pericolo mai totalmente eliminato: In questo punto politica e fede si toccano (28)". La Chiesa, in definitiva, "non può e non deve prendere nelle sue mani la battaglia politica per realizzare la società più giusta possibile", "ma non può e non deve restare ai margini nella lotta per la giustizia (28)".
Riportando, in questo quadro l'accento sul servizio della carità, Benedetto XVI definisce "l'essenza della carità cristiana ed ecclesiale". In primo luogo essa è "semplicemente la risposta a ciò che, in una determinata situazione, costituisce la necessità immediata". Ma la risposta di coloro che operano nelle istituzioni della Chiesa non si limita ad una esecuzione "in modo abile" della cosa necessaria, ma richiede "le attenzioni suggerite dal cuore". Perciò: la carità cristiana "deve essere indipendente da partiti ed ideologie"; "non deve essere un mezzo " di proselitismo. "L'amore è gratuito, non viene esercitato per altri scopi. Ma questo non significa che l'azione caritativa debba, per così dire, lasciare Dio e Cristo da parte (31)".
L'esempio di Madre Teresa
Colui che compie un'attività caritativa, come madre Teresa, più volte citata a questo proposito, "in umiltà farà quello che gli è possibile fare e in umiltà affiderà il resto al Signore. E' Dio che governa il mondo, non noi". Per questo agli operatori è ricordata l'importanza della preghiera. Che non è tempo perso, come dimostrano i tanti santi che nel corso dei secoli si sono dedicati ad iniziative di promozione umana e formazione cristiana e che "rimangono modelli insigni di carità sociale". Sono loro "i veri portatori di luce all'interno della storia, perché sono uomini e donne di fede, di speranza e di amore (40)". Virtù delle quali è esempio Maria, dimostrazione "infallibile" di come sia "possibile" quell'amore "puro che non cerca se stesso, ma semplicemente vuole il bene".
05/02/2007