Papa: Appello per due suore rapite. Santo Stefano e san Paolo
Città del Vaticano (AsiaNews) – All’Angelus di oggi, nella festa di santo Stefano, primo martire, Benedetto XVI ha rivolto un appello per la liberazione di due religiose italiane, rapite nel nord del Kenya, al confine con la Somalia. Le due consacrate, Maria Teresa Olivero e Caterina Giraudo, appartengono al Movimento contemplativo missionario "Padre de Foucauld" e sono state sequestrate da più di un mese e mezzo, insieme a un gruppo di loro collaboratori locali, nel villaggio di El Waq, al nord del Kenya. “Vorrei – ha aggiunto il papa - che in questo momento sentissero la solidarietà del Papa e di tutta la Chiesa. Il Signore, che nascendo è venuto a farci dono del suo amore, tocchi il cuore dei rapitori e conceda quanto prima a queste nostre sorelle di essere liberate per poter riprendere il loro disinteressato servizio ai fratelli più poveri”.
Il pontefice ha esortato “tutti a pregare, senza dimenticare i numerosi sequestri di persone in altre parti del mondo di cui non sempre si ha chiara notizia: penso ai sequestrati sia per motivi politici che per altri motivi in America Latina, in Medio Oriente, in Africa. La nostra solidale preghiera sia in questo momento per tutti loro di intimo, spirituale aiuto”.
Buona parte della riflessione prima della preghiera mariana è stata dedicata alla figura di santo Stefano, il primo martire, che la Chiesa festeggia il giorno dopo il Natale di Gesù Cristo. Stefano, diacono della Chiesa di Gerusalemme, “a motivo della sua predicazione ardente e coraggiosa, fu arrestato e lapidato”. Gli Atti degli apostoli narrano che i suoi uccisori “deposero i loro mantelli ai piedi di un giovane, chiamato Saulo" (At 7,58). A quel tempo, Paolo (Saulo era il suo nome ebraico) era “un zelante persecutore della Chiesa”. Il pontefice ha sottolineato che “proprio la testimonianza di Stefano fu decisiva per la sua conversione”. E spiega che nel momento della sua conversione, Paolo ha un incontro mistico con Gesù che gli dice "Io sono Gesù, che tu perseguiti!" (At 9,5).
“Saulo – ha continuato il papa - perseguitava la Chiesa ed aveva collaborato pure alla lapidazione di Stefano; lo aveva visto morire sotto i colpi delle pietre e soprattutto aveva visto il modo in cui Stefano era morto: in tutto come Cristo, cioè pregando e perdonando i suoi uccisori (cfr At 7,59-60). Sulla via di Damasco Saulo capì che perseguitando la Chiesa stava perseguitando Gesù morto e veramente risorto; Gesù vivente nella sua Chiesa, vivente anche in Stefano, che lui aveva sì visto morire, ma che certamente ora viveva insieme con il suo Signore risorto. Potremmo quasi dire che nella voce di Cristo avvertì quella di Stefano e, anche per sua intercessione, la grazia divina gli toccò il cuore. Fu così che l’esistenza di Paolo cambiò radicalmente. Da quel momento Gesù divenne la sua giustizia, la sua santità, la sua salvezza (cfr 1 Cor 1,30), il suo tutto. E un giorno pure lui seguirà Gesù sulle stesse orme di Stefano, versando il proprio sangue a testimonianza del Vangelo, qui, a Roma”.
“Cari fratelli e sorelle – ha concluso Benedetto XVI - in santo Stefano vediamo realizzarsi i primi frutti della salvezza che il Natale di Cristo ha recato all’umanità: la vittoria della vita sulla morte, dell’amore sull’odio, della luce della verità sulle tenebre della menzogna. Lodiamo Dio perché questa vittoria permette anche oggi a tanti cristiani di non rispondere al male con il male, ma con la forza della verità e dell’amore. La Vergine Maria, Regina dei Martiri, ottenga a tutti i credenti di seguire con coraggio questa stessa via”.
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