Nella festività di Santo Stefano, primo martire, Benedetto XVI ricorda i cattolici della Cina, “fedeli alla Sede di Pietro” anche nelle sofferenze. Il martirio suscita anche oggi, come in passato “entusiasmo spirituale” e “nuovi cristiani”.
Città del Vaticano (AsiaNews) – Con un riferimento indiretto alla chiesa di Cina (e in parte del Vietnam), il papa ha espresso oggi la sua “vicinanza spirituale” a “quei cattolici che mantengono la propria fedeltà alla Sede di Pietro senza cedere a compromessi, a volte anche a prezzo di gravi sofferenze”. Di fatto è soprattutto in Cina dove il rapporto con il papa è un’occasione di persecuzione da parte del governo e delle associazioni patriottiche che vogliono costruire una chiesa nazionale, separata dal papa. Proprio nelle scorse settimane vi è stata in Cina l’ordinazione di un vescovo senza il permesso della Santa Sede. Il Vaticano considera queste ordinazioni “una grave violazione della libertà di religione”.
Benedetto XVI ha affidati i cattolici cinesi e tutti i perseguitati a Maria, la Madre di Gesù, “che ha conosciuto la gioia della nascita e lo strazio della morte del suo divin Figlio”.
Egli li ha anche esortati dicendo che “tutta la Chiesa ne ammira l’esempio e prega perché essi abbiano la forza di perseverare, sapendo che le loro tribolazioni sono fonte di vittoria, anche se al momento possono sembrare un fallimento”.
In Cina ogni anno vi sono circa 150 mila nuovi battesimi di adulti. Molti di essi sono dovuti all’esempio trascinante dei perseguitati, che sfidano voglia di tranquillità e di compromesso acquiescente.
Il papa ha parlato dei perseguitati ricordando all’Angelus di oggi la festa odierna di Santo Stefano, primo martire della storia della Chiesa, che viene proprio dopo la solennità gioiosa del Natale. “A prima vista – ha detto il pontefice - l’accostamento del ricordo del “Protomartire” alla nascita del Redentore può lasciare stupiti, perché colpisce il contrasto tra la pace e la gioia di Betlemme e il dramma di Stefano, lapidato a Gerusalemme nella prima persecuzione contro la Chiesa nascente. In realtà, l’apparente stridore viene superato se consideriamo più in profondità il mistero del Natale. Il Bambino Gesù, che giace nella grotta, è l’Unigenito Figlio di Dio fattosi uomo. Egli salverà l’umanità morendo in croce. Ora lo vediamo in fasce nel presepe; dopo la sua crocifissione sarà nuovamente avvolto da bende e deposto in un sepolcro. Non a caso l’iconografia natalizia rappresentava talvolta il divino Neonato adagiato in un piccolo sarcofago, ad indicare che il Redentore nasce per morire, nasce per dare la vita in riscatto per tutti. Santo Stefano fu il primo a seguire le orme di Cristo con il martirio; morì, come il divino Maestro, perdonando e pregando per i suoi uccisori (cfr At 7,60)”.
Benedetto XVI ha poi ricordato che il martirio nella Chiesa non è un elemento di tristezza, ma di “entusiasmo spirituale”. “Nei primi quattro secoli del cristianesimo – ha detto - tutti i santi venerati dalla Chiesa erano martiri. Si tratta di uno stuolo innumerevole, che la liturgia chiama ‘la candida schiera dei martiri’, martyrum candidatus exercitus. La loro morte non incuteva paura e tristezza, ma entusiasmo spirituale che suscitava sempre nuovi cristiani. Per i credenti, il giorno della morte, ed ancor più il giorno del martirio, non è la fine di tutto, bensì il ‘transito’ verso la vita immortale, è il giorno della nascita definitiva, in latino dies natalis. Si comprende allora il legame che esiste tra il ‘dies natalis’ di Cristo e il dies natalis di Santo Stefano. Se Gesù non fosse nato sulla terra, gli uomini non avrebbero potuto nascere al Cielo. Proprio perché Cristo è nato, noi possiamo ‘rinascere’!”.
Al termine della preghiera dell’Angelus Benedetto XVI ha ancora una volta fatto gli auguri di buon Natale in diverse lingue. Nella piazza vi erano almeno 15 mila persone.