Papa: Aderire alla confessione di Pietro, per conoscere Cristo non “dall’esterno”
Città del Vaticano (AsiaNews) – Benedetto XVI ha imposto oggi il pallio a 46 arcivescovi metropoliti come segno di comunione con la Sede apostolica durante la messa celebrata nella basilica di san Pietro. Il pallio è un collare di lana di agnello e simbolizza la cura dei vescovi come pastori del gregge di Gesù e della pecorella smarrita. Esso porta 5 croci ricamate, segno delle piaghe di Gesù sulla croce e viene benedetto dal papa dopo essere stati deposti sulla Confessione, la tomba dell’apostolo Pietro, per sottolineare l’unità con il pontefice e la Sede di Pietro.
Fra coloro che hanno ricevuto il pallio vi sono alcuni arcivescovi indiani e un vescovo filippino. Altri 5 presuli, non presenti nella basilica di san Pietro, lo riceveranno nelle loro sedi.
Alla cerimonia solenne era presente, come è ormai tradizione, una delegazione del patriarcato ecumenico di Costantinopoli Quest’anno la delegazione era composta da Emmanuel Adamakis, arcivescovo greco ortodosso di Francia, direttore dell’Ufficio della Chiesa ortodossa presso l’Unione Europea; Gennadios Limouris, metropolita di Sassima, Co-presidente della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, e dal diacono Andreas Sofianopoulos, della Sede Patriarcale di Fanar.
Da decenni la Chiesa di Roma e quella di Costantinopoli ospitano reciprocamente una delegazione in occasione delle feste degli apostoli patroni delle due Chiese, Pietro (il 29 giugno) e Andrea (il 30 novembre). Lo scorso 30 novembre il papa stesso, in visita in Turchia, ha partecipato alla festa di sant’Andrea a Costantinopoli, insieme con il patriarca Bartolomeo I.
Proprio questa dimensione ecumenica, legata al ministero di Pietro e al primato, è stato il tema dell’omelia del pontefice. “La confessione di Pietro – ha detto il papa - è inseparabile dall’incarico pastorale a lui affidato nei confronti del gregge di Cristo”, il cosiddetto “potere delle chiavi” (cfr Mt 16,17-19).
Con finezza di teologo, Benedetto XVI ha spiegato che la confessione della pienezza della fede, di Gesù come Figlio di Dio, non è solo qualcosa posseduto in generale dalla Chiesa, ma è qualcosa affidato alla persona di Pietro, un “incarico conferito dal Signore a Pietro…. radicato nel rapporto personale che il Gesù storico ebbe con il pescatore Simone, a partire dal primo incontro con lui, quando gli disse: "Tu sei Simone… ti chiamerai Cefa (che vuol dire Pietro)" (Gv 1,42). E ancora : “A Pietro [Gesù] poi affidò un compito particolare, riconoscendo così in lui uno speciale dono di fede da parte del Padre celeste”. Correggendo alcune interpretazioni di tipo protestante, che vedono le vocazioni di Paolo e di Pietro sullo stesso piano, il pontefice precisa: “Il parallelismo tra Pietro e Paolo è suggestivo, ma non può sminuire la portata del cammino storico di Simone con il suo Maestro e Signore, che fin dall’inizio gli attribuì la caratteristica di ‘roccia’ su cui avrebbe edificato la sua nuova comunità, la Chiesa”.
Il ministero di Pietro, ha sempre precisato il pontefice è in funzione della pienezza della fede cristiana. Prendendo spunto dal vangelo del giorno e dalle due domande di Gesù ai discepoli ("Che cosa dice la gente – Che cosa dite voi di me?", cfr. Mt16,13-20), il papa spiega: “La gente pensa che Gesù sia un profeta”, ma ciò è inadeguato. “ Grandi studiosi – continua Benedetto XVI - ne riconoscono la statura spirituale e morale e l’influsso sulla storia dell’umanità, paragonandolo a Buddha, Confucio, Socrate e ad altri sapienti e grandi personaggi della storia”, ma essi “non giungono… a riconoscerlo nella sua unicità”. Di fronte alle varie risposte della gente, frutto di una conoscenza “dall’esterno” della persona di Gesù, “vogliamo fare nostra la risposta di Pietro. Secondo il Vangelo di Marco Egli disse: ‘Tu sei il Cristo’ (8,29); in Luca l’affermazione è: ‘Il Cristo di Dio’ (9,20); in Matteo suona: ‘Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente’ (16,16); infine in Giovanni: ‘Tu sei il Santo di Dio’ (6,69). Sono tutte risposte giuste, valide anche per noi”.
La confessione di Pietro ha avuto bisogno di una “correzione” da parte di Gesù: “Nei Vangeli sinottici – continua il papa - la confessione di Pietro è sempre seguita dall’annuncio da parte di Gesù della sua prossima passione. Un annuncio di fronte al quale Pietro reagisce, perché non riesce ancora a capire. Eppure si tratta di un elemento fondamentale, su cui perciò Gesù insiste con forza”.
“Anche oggi – continua il pontefice - come ai tempi di Gesù, non basta possedere la giusta confessione di fede: è necessario sempre di nuovo imparare dal Signore il modo proprio in cui egli è il Salvatore e la via sulla quale dobbiamo seguirlo. Dobbiamo infatti riconoscere che, anche per il credente, la Croce è sempre dura da accettare. L’istinto spinge ad evitarla, e il tentatore induce a pensare che sia più saggio preoccuparsi di salvare se stessi piuttosto che perdere la propria vita per fedeltà all’amore, al Figlio di Dio fattosi uomo”.
Benedetto XVI ha infine ringraziato la delegazione del patriarcato ecumenico di Costantinopoli e i metropoliti che hanno ricevuto il pallio, concludendo l’omelia con un’invocazione alla Madonna: “La sua fede indefettibile, che sostenne la fede di Pietro e degli altri Apostoli, continui a sostenere quella delle generazioni cristiane, la nostra fede: Regina degli Apostoli, prega per noi!”.
Alla fine della celebrazione insieme alla delegazione del Patriarcato, il papa si è recato in visita alla tomba di san Pietro sostando per alcuni minuti in silenzio.
Benedetto XVI è ritornato ai temi dell’ecumenismo nella riflessione prima dell’Angelus con i pellegrini radunati in piazza san Pietro. Dopo aver salutato e ringraziato la delegazione del Patriarcato di Costantinopoli, il papa ha aggiunto: “La festa degli Apostoli Pietro e Paolo ci invita, in modo tutto particolare, a pregare intensamente e ad agire con convinzione per la causa dell’unità di tutti i discepoli di Cristo. L’Oriente e l’Occidente cristiani sono molto vicini tra loro, e possono già contare su una comunione quasi piena, come ricorda il Concilio Vaticano II, faro che guida i passi del cammino ecumenico. I nostri incontri, le visite reciproche, i dialoghi in corso non sono dunque dei semplici gesti di cortesia, o tentativi per giungere a compromessi, ma il segno di una comune volontà di fare il possibile perché quanto prima possiamo giungere a quella piena comunione implorata da Cristo nella sua preghiera al Padre dopo l’Ultima Cena: ‘ut unum sint’”.
Il pontefice ha poi ricordato l’indizione dell’Anno Paolino che inizierà il 28 giugno del 2008, fino al 29 giugno del 2009, per celebrare i 2000 anni della nascita dell’apostolo Paolo. “Auspico – ha detto il papa - che le varie manifestazioni che saranno organizzate contribuiscano a rinnovare il nostro entusiasmo missionario e a rendere più intense le relazioni con i nostri fratelli d’Oriente e con gli altri cristiani che, come noi, venerano l’Apostolo delle genti”.
Dopo la preghiera mariana, Benedetto XVI ha rivolto un saluto particolare agli abitanti di Roma, che ha come patroni i santi Pietro e Paolo, augurando loro “pace” e “cristiana prosperità”. Ai cristiani di Roma ha chiesto di “comportarsi sempre in maniera degna del Vangelo, per essere ‘lievito’ in ogni ambiente di vita”.