Papa: A Mariazell, il cuore inquieto e pellegrino dell’uomo trova Cristo, la Verità
Mariazell (AsiaNews) – Appoggiato a un bastone di pellegrino, il papa entra nel portale gotico del santuario di Mariazell, nel cuore dell’Austria (Stiria). Dopo aver ricevuto l’acqua benedetta giunge all’altare centrale, dove fra argenti e volute barocche è riposta la statua medievale della Madonna delle Grazie, la Madre col Bambino e si ferma in preghiera per alcuni minuti. Benedetto XVI ha voluto fare i gesti che milioni di pellegrini hanno fatto in 850 anni di storia del santuario, divenuto luogo di devozione per austriaci, bosniaci, croati, sloveni, ungheresi.
Alla messa celebrata sul piazzale antistante la basilica, si usano tutte queste lingue nel canto e nelle letture, alla presenza di decine di migliaia di pellegrini sotto un tempo inclemente, con vescovi e cardinali incappucciati e avvolti di un mantello di cellophan. Nell’omelia il pontefice spiega l’intenzione profonda di questo suo viaggio in Austria: “Oggi ci inseriamo in questo grande pellegrinaggio di molti secoli. Facciamo una sosta dalla Madre del Signore e la preghiamo: Mostraci Gesù. Mostra a noi pellegrini Colui che è insieme la via e la meta: la verità e la vita”.
Per il papa il pellegrinaggio è la metafora della vita:“Andare in pellegrinaggio significa essere orientati in una certa direzione, camminare verso una meta”. La “nostalgia della meta” e “il cuore inquieto e aperto è ciò di cui abbiamo bisogno”. E anche se nel cammino c’è chi dimentica la meta, “sempre di nuovo il Signore” suscita persone che si lasciano “spingere dalla nostalgia della meta, orientandovi la propria vita”. La meta è Dio: “Noi abbiamo bisogno di Dio, di quel Dio che ci ha mostrato il suo volto ed aperto il suo cuore: Gesù Cristo”.
Benedetto XVI sottolinea il valore assoluto e unico della persona di Cristo di fronte a qualunque ricerca religiosa: “Certo, ci sono numerose grandi personalità nella storia che hanno fatto belle e commoventi esperienze di Dio. Restano, però, esperienze umane con il loro limite umano. Solo Lui è Dio e perciò solo Lui è il ponte, che mette in contatto immediato Dio e l’uomo. Se noi dunque lo chiamiamo l’unico Mediatore della salvezza valido per tutti, che interessa tutti e del quale, in definitiva, tutti hanno bisogno, questo non significa affatto disprezzo delle altre religioni né assolutizzazione superba del nostro pensiero, ma solo l’essere conquistati da Colui che ci ha interiormente toccati e colmati di doni, affinché noi potessimo a nostra volta fare doni anche agli altri”.
La persona di Gesù Cristo rivendica uno spazio assoluto anche nell’Occidente secolarizzato e indifferente: “la nostra fede si oppone decisamente alla rassegnazione che considera l’uomo incapace della verità – come se questa fosse troppo grande per lui. Questa rassegnazione di fronte alla verità è il nocciolo della crisi dell’Occidente, dell’Europa. Se per l’uomo non esiste una verità, egli, in fondo, non può neppure distinguere tra il bene e il male. E allora le grandi e meravigliose conoscenze della scienza diventano ambigue: possono aprire prospettive importanti per il bene, per la salvezza dell’uomo, ma anche – lo vediamo – diventare una terribile minaccia, la distruzione dell’uomo e del mondo. Noi abbiamo bisogno della verità”.
Il papa ammette che “a motivo della nostra storia”, talvolta si ha paura che “la fede nella verità comporti intolleranza”. Per togliere ogni timore di intolleranza, egli prende spunto dal tema di questo pellegrinaggio, “Guardare Cristo” e indica le due immagini presenti nel santuario, il Bambino sorretto dalla Madre e il crocefisso: “Queste due immagini della basilica ci dicono: la verità non si afferma mediante un potere esterno, ma è umile e si dona all’uomo solamente mediante il potere interiore del suo essere vera. La verità dimostra se stessa nell’amore. Non è mai nostra proprietà, un nostro prodotto, come anche l’amore non si può produrre, ma solo ricevere e trasmettere come dono. Di questa interiore forza della verità abbiamo bisogno. Di questa forza della verità noi come cristiani ci fidiamo. Di essa siamo testimoni”.
Maria presenta Gesù anzitutto “come bambino”: “Dio si è fatto piccolo per noi. Dio non viene con la forza esteriore, ma viene nell’impotenza del suo amore, che costituisce la sua forza. Egli si dà nelle nostre mani. Chiede il nostro amore. Ci invita a diventare anche noi piccoli, a scendere dai nostri alti troni ed imparare ad essere bambini davanti a Dio”.
Il Dio-Bambino spinge all’impegno verso tutti i bambini del mondo, in Oriente e occidente: “I bambini che vivono nella povertà; che vengono sfruttati come soldati; che non hanno mai potuto sperimentare l’amore dei genitori; i bambini malati e sofferenti, ma anche quelli gioiosi e sani. L’Europa è diventata povera di bambini: noi vogliamo tutto per noi stessi, e forse non ci fidiamo troppo del futuro. Ma priva di futuro sarà la terra solo quando si spegneranno le forze del cuore umano e della ragione illuminata dal cuore – quando il volto di Dio non splenderà più sopra la terra. Dove c’è Dio, là c’è futuro”.
Il papa commenta poi il senso dell’altra immagine con cui Dio si rivela, il Crocefisso: “Dio ha redento il mondo non mediante la spada, ma mediante la Croce. Morente, Gesù stende le braccia… Gesù ha trasformato la passione – la sua sofferenza e la sua morte – in preghiera, in un atto di amore verso Dio e verso gli uomini. Per questo le braccia stese sono, alla fine, anche un gesto di abbraccio, con cui Egli vuole attirarci a sé, racchiuderci nelle mani del suo amore. Così Egli è l’immagine del Dio vivente, è Dio stesso, a Lui possiamo affidarci”.
Da qui discende che il cristianesimo “non è un sistema morale… una serie di richieste e di leggi”: Il cristianesimo in realtà è “ il dono di un’amicizia che perdura nella vita e nella morte”, che si esprime in una forza morale, tanto necessaria “davanti alle sfide del nostro tempo”.
“Se con Gesù Cristo e con la sua Chiesa rileggiamo in modo sempre nuovo il Decalogo del Sinai”, aggiunge il pontefice, ci si accorge che il Decalogo “è innanzitutto un „sì" a Dio, a un Dio che ci ama e ci guida, che ci porta e, tuttavia, ci lascia la nostra libertà, anzi, la rende vera libertà (i primi tre comandamenti). È un "sì" alla famiglia (quarto comandamento), un "sì" alla vita (quinto comandamento), un "sì" ad un amore responsabile (sesto comandamento), un "sì" alla solidarietà, alla responsabilità sociale e alla giustizia (settimo comandamento), un "sì" alla verità (ottavo comandamento) e un "sì" al rispetto delle altre persone e di ciò che ad esse appartiene (nono e decimo comandamento). In virtù della forza della nostra amicizia col Dio vivente noi viviamo questo molteplice "sì" e al contempo lo portiamo come indicatore di percorso entro il nostro mondo”.
L’ultimo pensiero del papa è un invito a “guardare Cristo” anche alla vita quotidiana, domandando alla Madonna: “Mostraci Gesù!”: “sì, in qualunque momento, quando guardiamo verso Maria, lei ci mostra Gesù. Così possiamo trovare la via giusta, seguirla passo passo, pieni della gioiosa fiducia che la via conduce nella luce – nella gioia dell’eterno Amore. Amen”.
Prima della conclusione, Benedetto XVI ha incensato la statua che si venera a Mariazell, rimanendo in silenzio per lunghi minuti mentre il coro cantava l’ Ave Maria di Bruckner. Egli ha poi ricordato i due pellegrini che son morti proprio durante la messa, assicurando la sua preghiera. Prima di lasciare il santuario, il papa ha voluto rivolgere alcuni saluti in diverse lingue dei pellegrini presenti: ungheresi, sloveni, croati, cechi, slovacchi, polacchi. Il papa ha poi consegnato gli Atti degli Apostoli ad alcuni rappresentanti dei consigli parrocchiali delle diocesi austriache, e benedicendoli, li ha invitati ad essere “essere lievito di nuova vita, sale della terra e luce del mondo” e ha aggiunto: “Scrivete gli Atti degli Apostoli con la vostra vita”.