Papa in Ecuador: i sacerdoti siano “senza bastone e senza bisaccia”, perseveranti nell’annunciare il Regno
Quito (AsiaNews) – “Accogliere la missione senza porre condizioni”, coscienti che “non ci apparteniamo più, che la nostra vocazione ci chiede di rinunciare ad ogni egoismo, ad ogni ricerca di guadagno materiale o di compensazione affettiva”, venuti per servire e non per essere serviti, “con pieno distacco, senza bastone e senza bisaccia”, perseveranti nell’annunciare il Regno e portare la salvezza a tutti. E’ stato dedicato a sacerdoti e religiosi l’ultimo incontro di papa Francesco in Ecuador che, a mezzogiorno (ora locale) partirà per la Bolivia.
Questa mattina, infatti, il Papa si è recato a Tumbaco per visitare la Casa di riposo delle Missionarie della carità, dove ha salutato, uno ad uno, gli anziani ospiti. Da lì Francesco si è spostato al Santuario nazionale mariano “El Quinche” (nella foto), che ricorda alcune apparizioni della Vergine, avvenute nel 1561, dove erano riuniti sacerdoti, religiosi e religiose, seminaristi.
In un saluto rivolto loro a braccio, Francesco ha ricordato il "gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date" di Gesù. "Non dimenticatelo per favore, non coprite la grazia della gratuità, è un regalo di Gesù, il più bello della nostra vita sacerdotale e religiosa”. “Gratuità e servizio" sono le due principali indicazioni del Vangelo. "Non perdiamo la memoria di quello che abbiamo avuto, di quello che eravamo, dei luoghi da dove proveniamo". "Non sentitevi superiori alla fede che avete ricevuto dalla vostra mamma e dal vostro papà”. "Pensate - ha detto ancora - a quelli che dopo essere entrati in seminario non vogliono più parlare nella loro lingua, nella lingua dei loro genitori... Succede. Il desiderio di crescere è umano, ma il servizio è quello a cui siamo chiamati". "La gratuità è una grazia, quando un sacerdote entra ’in carriera’ si ferma il suo cammino spirituale”.
Nel discorso consegnato, il Papa, prendendo spunto dalla Presentazione della Vergine (alla quale è dedicato il santuario, ndr), afferma che “possiamo trovare alcuni suggerimenti per la chiamata di ognuno di noi. La Vergine Bambina è stata un dono di Dio per i suoi genitori e per tutto il popolo che aspettava la liberazione. È un fatto che si ripete frequentemente nella Scrittura: Dio risponde al grido del suo popolo, inviando un bambino, debole, destinato a portare la salvezza e che, allo stesso tempo, rinnova la speranza dei genitori anziani. La parola di Dio ci dice che nella storia di Israele i giudici, i profeti, i re sono un dono del Signore per far giungere la sua tenerezza e la sua misericordia al suo popolo. Sono segno della gratuità di Dio: è Lui che li ha eletti, scelti e inviati. Questo ci libera dall’autoreferenzialità, ci fa comprendere che non ci apparteniamo più, che la nostra vocazione ci chiede di rinunciare ad ogni egoismo, ad ogni ricerca di guadagno materiale o di compensazione affettiva, come ci ha detto il Vangelo. Non siamo mercenari, ma servitori; non siamo venuti per essere serviti, ma per servire e lo facciamo con pieno distacco, senza bastone e senza bisaccia”.
“L’«autorità» che gli apostoli ricevono da Gesù – prosegue il documento - non è per il loro vantaggio: i nostri doni sono destinati a rinnovare e edificare la Chiesa. Non rifiutate di condividere, non fate resistenza a dare, non rinchiudetevi nella comodità, siate sorgenti che tracimano e rinfrescano, specialmente gli oppressi dal peccato, dalla delusione, dal rancore”.
“Il secondo punto che mi richiama la Presentazione della Vergine è la perseveranza. Nella suggestiva iconografia mariana di questa festa, la Vergine Bambina si allontana dai suoi genitori salendo la scalinata del tempio. Maria non guarda indietro e, con chiaro riferimento al monito evangelico, cammina decisa in avanti. Anche noi, come i discepoli nel Vangelo, ci mettiamo in cammino per portare ad ogni popolo e luogo la Buona Notizia di Gesù. Perseveranza nella missione significa non andare girando di casa in casa, cercando dove ci trattino meglio, dove ci siano più mezzi e comodità. Richiede di unire la nostra sorte a quella di Gesù sino alla fine”. “Perseverare, anche se ci respingono, anche se viene la notte e crescono lo smarrimento e i pericoli. Perseverare in questo sforzo, sapendo che non siamo soli, che è il Popolo Santo di Dio che cammina”. “Camminiamo uniti, sostenendoci gli uni gli altri, e chiediamo con umiltà il dono della perseveranza nel suo servizio”.
“Nostra Signora del Quinche è stata occasione di incontro, di comunione, per questo luogo che dai tempi dell’Impero Inca si era costituito come un insediamento multietnico. Com’è bello quando la Chiesa persevera nel suo sforzo per essere casa e scuola di comunione, quando generiamo quello che mi piace definire la cultura dell’incontro!” . “Una Chiesa in uscita è una Chiesa che si avvicina, che si adatta per non essere distante, che esce dalla sua comodità e ha il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo”.
E, ha concluso, “non dimentichiamo di aver cura, di animare e di educare la devozione popolare che si tocca con mano in questo Santuario ed è tanto diffusa in molti Paesi latinoamericani. Il popolo fedele ha saputo esprimere la fede col proprio linguaggio, manifestare i suoi più profondi sentimenti di dolore, dubbio, gioia, fallimento, gratitudine con diverse forme di pietà: processioni, veglie, fiori, canti che si trasformano in una magnifica espressione di fiducia nel Signore e di amore a sua Madre, che è anche la nostra”.
13/10/2019 12:04