Papa Francesco: Vangelo di misericordia, un libro aperto da scrivere con gesti concreti di amore
Nella domenica della Divina Misericordia, Francesco chiede a ogni fedele di diventare “scrittore vivente del vangelo” praticando le opere di misericordia corporale e spirituale, “che sono lo stile di vita del cristiano”. Essere “apostoli di misericordia” toccando e accarezzando le piaghe “presenti anche oggi nel corpo e nell’anima di tanti fratelli e sorelle”. La Chiesa è “portatrice della pace” del Risorto, una pace “che non divide, ma unisce”.
Città del Vaticano (AsiaNews) – Il Vangelo, “libro della misericordia”, è un “libro aperto” dove i discepoli di Cristo “devono continuare a scrivere” con “gesti concreti di amore, che sono la testimonianza migliore della misericordia”. Per questo i cristiani sono chiamati ad essere “apostoli della misericordia”, a “toccare e accarezzare le… piaghe, presenti anche oggi nel corpo e nell’anima di tanti … fratelli e sorelle”. Significa anche essere come tutta la Chiesa “portatrice della sua pace” “strumenti di riconciliazione”.
Sono alcune delle tematiche che papa Francesco ha messo in luce nella sua omelia della messa celebrata stamane in piazza san Pietro in occasione della domenica della Divina Misericordia. Questa festa, voluta da Giovanni Paolo II, che si celebra nella seconda domenica di Pasqua, ha un valore importante in questo anno del Giubileo della Misericordia e ha radunato davanti alla basilica di san Pietro almeno 40mila fedeli che aderiscono alla spiritualità della Divina Misericordia diffusa dalla mistica s. Faustina Kowalska.
Già ieri il papa aveva partecipato a una veglia di preghiera della Divina Misericordia, dove ha invitato ogni diocesi a varare un’opera di misericordia in ogni diocesi come “un monumento” a ricordo di questo Giubileo. Ecco il testo completo dell’omelia di papa Francesco:
«Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro» (Gv 20,30). Il Vangelo è il libro della misericordia di Dio, da leggere e rileggere, perché quanto Gesù ha detto e compiuto è espressione della misericordia del Padre. Non tutto, però, è stato scritto; il Vangelo della misericordia rimane un libro aperto, dove continuare a scrivere i segni dei discepoli di Cristo, gesti concreti di amore, che sono la testimonianza migliore della misericordia. Siamo tutti chiamati a diventare scrittori viventi del Vangelo, portatori della Buona Notizia a ogni uomo e donna di oggi. Lo possiamo fare mettendo in pratica le opere di misericordia corporale e spirituale, che sono lo stile di vita del cristiano. Mediante questi gesti semplici e forti, a volte perfino invisibili, possiamo visitare quanti sono nel bisogno, portando la tenerezza e la consolazione di Dio. Si prosegue così quello che ha compiuto Gesù nel giorno di Pasqua, quando ha riversato nei cuori dei discepoli impauriti la misericordia del Padre, effondendo su di loro lo Spirito Santo che perdona i peccati e dona la gioia.
Tuttavia, nel racconto che abbiamo ascoltato emerge un contrasto evidente: da una parte, c’è il timore dei discepoli, che chiudono le porte di casa; dall’altra, c’è la missione da parte di Gesù, che li invia nel mondo a portare l’annuncio del perdono. Può esserci anche in noi questo contrasto, una lotta interiore tra la chiusura del cuore e la chiamata dell’amore ad aprire le porte chiuse e uscire da noi stessi. Cristo, che per amore è entrato attraverso le porte chiuse del peccato, della morte e degli inferi, desidera entrare anche da ciascuno per spalancare le porte chiuse del cuore. Egli, che con la risurrezione ha vinto la paura e il timore che ci imprigionano, vuole spalancare le nostre porte chiuse e inviarci. La strada che il Maestro risorto ci indica è a senso unico, procede in una sola direzione: uscire da noi stessi, per testimoniare la forza risanatrice dell’amore che ci ha conquistati. Vediamo davanti a noi un’umanità spesso ferita e timorosa, che porta le cicatrici del dolore e dell’incertezza. Di fronte al grido sofferto di misericordia e di pace, sentiamo oggi rivolto a ciascuno l’invito fiducioso di Gesù: «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi» (v. 21).
Ogni infermità può trovare nella misericordia di Dio un soccorso efficace. La sua misericordia, infatti, non si ferma a distanza: desidera venire incontro a tutte le povertà e liberare dalle tante forme di schiavitù che affliggono il nostro mondo. Vuole raggiungere le ferite di ciascuno, per medicarle. Essere apostoli di misericordia significa toccare e accarezzare le sue piaghe, presenti anche oggi nel corpo e nell’anima di tanti suoi fratelli e sorelle. Curando queste piaghe professiamo Gesù, lo rendiamo presente e vivo; permettiamo ad altri, che toccano con mano la sua misericordia, di riconoscerlo «Signore e Dio» (cfr v. 28), come fece l’apostolo Tommaso. È questa la missione che ci viene affidata. Tante persone chiedono di essere ascoltate e comprese. Il Vangelo della misericordia, da annunciare e scrivere nella vita, cerca persone con il cuore paziente e aperto, “buoni samaritani” che conoscono la compassione e il silenzio dinanzi al mistero del fratello e della sorella; domanda servi generosi e gioiosi, che amano gratuitamente senza pretendere nulla in cambio.
«Pace a voi!» (v. 21): è il saluto che Cristo porta ai suoi discepoli; è la stessa pace, che attendono gli uomini del nostro tempo. Non è una pace negoziata, non è la sospensione di qualcosa che non va: è la sua pace, la pace che proviene dal cuore del Risorto, la pace che ha vinto il peccato, la morte e la paura. È la pace che non divide, ma unisce; è la pace che non lascia soli, ma ci fa sentire accolti e amati; è la pace che permane nel dolore e fa fiorire la speranza. Questa pace, come nel giorno di Pasqua, nasce e rinasce sempre dal perdono di Dio, che toglie l’inquietudine dal cuore. Essere portatrice della sua pace: questa è la missione affidata alla Chiesa il giorno di Pasqua. Siamo nati in Cristo come strumenti di riconciliazione, per portare a tutti il perdono del Padre, per rivelare il suo volto di solo amore nei segni della misericordia.
Nel Salmo responsoriale è stato proclamato: «Il suo amore è per sempre» (117/118,2). È vero, la misericordia di Dio è eterna; non finisce, non si esaurisce, non si arrende di fronte alle chiusure, e non si stanca mai. In questo “per sempre” troviamo sostegno nei momenti di prova e di debolezza, perché siamo certi che Dio non ci abbandona: Egli rimane con noi per sempre. Ringraziamo per questo suo amore così grande, che ci è impossibile comprendere. Chiediamo la grazia di non stancarci mai di attingere la misericordia del Padre e di portarla nel mondo: chiediamo di essere noi stessi misericordiosi, per diffondere ovunque la forza del Vangelo.