Palestinesi e israeliani violano la tregua, ma non la rompono
Due colpi di mortaio sono stati sparati oggi dalla Striscia, mentre Gerusalemme tiene chiusi i valichi di frontiera, ma permette il passaggio di un po’ di carburante. Fayyad: la chiusura “sta producendo una situazione nella quale un milione e mezzo della nostra gente vive con la sensazione di non aver molto da perdere”
Gerusalemme (AsiaNews) – Due colpi di mortaio sparati dalla Striscia di Gaza hanno colpito il Negev israeliano, senza provocare danni. E’ la seconda violazione della tregua da parte palestinese, dopo il lancio di tre razzi Qassam di due giorni prima. Lo Stato ebraico sta rispondendo con la chiusura dei valichi di frontiera – che secondo l’accordo andrebbero riaperti - ed il conseguente, seppur non totale, blocco degli approvvigionamenti per la Striscia.
L’attacco di oggi è stato rivendicato dalla Brigata dei martiri di Al Aqsa, quello dell’altro giorno dalla Jihad. Nell’assumersi la responsabilità dei gesti, entrambi i movimenti fanno riferimento ai termini della tregua, che riguarda solo la Striscia e non è estesa alla Cisgiordania, come essi vorrebbero.
Malgrado le violazioni, entrambe le parti sembrano intenzionate a portare avanti la tregua. Ieri, il governo israeliano, nel corso di una riunione dedicata alla sicurezza, ha deciso di mantenere la chiusura dei posti di frontiera, ma al tempo stesso di lasciar passare una limitata quantità di carburante. Al tempo stesso, un inviato del governo, Ofer Dekel, è in Egitto per discutere, tramite quel governo, la parte finale dell’accordo di tregua, che riguarda lo scambio tra centinaia di prigionieri palestinesi e il militare israeliano Gilad Shalit, rapito due anni fa da uomini di Hamas. Analoghe trattative vanno intanto avanti con Hezbollah per recuperare altri due militari rapiti in Libano. Le condizioni poste dal Partito di Dio saranno esaminate domenica dal governo israeliano.
La necessità di conservare la tregua con Hamas e riaprire i valichi è stata intanto sostenuta dal primo ministro palestinese Salam Fayyad, secondo il quale la chiusura “deve finire”, in quanto “sta producendo una situazione nella quale un milione e mezzo della nostra gente vive con la sensazione di non aver molto da perdere”.
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