Pakistan: Hiv/Aids, dramma sottovalutato
Una Ong locale avverte che i dati sull'infezione da Hiv/Aids tra chi assume droghe per via endovenosa sono molto più alti di quelli che si conoscono; senza interventi decisi il Paese rischia in pochi mesi un'epidemia.
Lahore (AsiaNews) L'Hiv in Pakistan rischia di raggiungere i livelli di un'epidemia nel giro di pochi mesi. Stime limitate sull'infezione, poca attenzione al problema da parte delle autorità e misure di prevenzione "meramente formali" sono tra le cause maggiori. A denunciarlo è un rapporto della Ong Nai Zindagi ("Nuova vita"), secondo cui il Paese "non ha più la possibilità di agire in anticipo per prevenire la trasmissione di Hiv/Aids tra i tossicodipendenti".
A Faisalabad e Sargodha, nel Punjab, il tasso di HIV tra i tossicodipendenti è rispettivamente del 9,5% e del 12%: con queste cifre "il prezzo dell'inazione sarebbe immenso". "Dobbiamo ammettere avverte il rapporto che quello che abbiamo fatto in passato non basta, bisogna agire ora per cercare di contenere danni ulteriori". Secondo i responsabili della Ong, prima di tutto si deve studiare cosa non ha funzionato finora e poi elaborare interventi in grado di raggiungere almeno il 60% dei soggetti a rischio.
Come in molti Paesi asiatici, anche in Pakistan i tossicodipendenti subiscono discriminazione e criminalizzazione. Spesso ai sieropositivi non è assicurato l'accesso all'assistenza sociale e a quella sanitaria. E questo contribuisce a diffondere il virus.
Lo studio della Nai Zindagi stima che circa il 50% di chi fa uso di droga in endovena è sposato e sessualmente attivo, con i conseguenti rischi di contagio. Il 10% dei tossicodipendenti sono giovani tra i 18 e 24 anni. La pratica di scambiarsi siringhe infette rischia di provocare una vasta epidemia. E la Nai Zindagi avverte che forse questa potrebbe già essere in atto.
In una conferenza stampa il capo esecutivo della Ong, Tariq Zafar, ha reso noti i risultati della ricerca: su circa 6 mila soggetti che assumono droghe per via endovenosa in quattro città differenti (Faisalabad, Lahore, Sargodha e Sialkot), il 6,2% è risultato sieropositivo; i dati mostrano che la diffusione dell'Hiv è passato dal livello "basso" a quello "generalizzato".
Zafar denuncia che l'idea di un Pakistan "a basso rischio" in termini di Hiv/Aids si basa su dati limitati e troppo circoscritti per essere generalizzati. Secondo la Ong, per contenere i danni ed evitare l'epidemia bisogna decidere a livello politico di dare il via o potenziare programmi e misure di prevenzione che partano dai tossicodipendenti sulle strade; la polizia deve agire "in modo più pragmatico e meno burocratico tenendo presente l'urgenza della situazione"; gli interventi di prevenzione devono essere condotti dal sistema sanitario statale in collaborazione con le organizzazioni della società civile e le reti delle comunità colpite.