Pakistan, sciopero della fame per la pace a Sangla Hill
Arcivescovo di Lahore: è una protesta contro il "freddo" atteggiamento del governo verso la tragedia dei cristiani colpiti dall'estremismo islamico. La speranza in un nuovo anno migliore per le minoranze religiose in Pakistan.
Lahore (AsiaNews) Uno sciopero della fame simbolico per protestare contro il "freddo" atteggiamento del governo verso la tragedia di Sangla Hill, il villaggio pakistano attaccato da una folla di estremisti musulmani il 12 novembre. Con queste parole mons. Lawrence Saldanha ha spiegato ad AsiaNews l'iniziativa svoltasi ieri a Lahore a favore dell'armonia interreligiosa nel Paese. All'evento, promosso dalla Commissione giustizia e pace di cui Saldanha è presidente, hanno aderito numerose organizzazioni, cristiane e musulmane, per i diritti umani.
"Il 2005 ricorda il presule, anche arcivescovo di Lahore non è stato un buon anno per le minoranze religiose in Pakistan, ma per il 2006 speriamo in meglio". "Continueremo a pregare ha aggiunto e a combattere per un Paese prospero e in pace".
Tutti gli intervenuti alla manifestazione hanno chiesto a gran voce la fine della diffusa intolleranza religiosa. A 50 giorni dall'attacco, in cui sono state distrutte chiese e proprietà di cristiani, le autorità non hanno ancora fatto luce su quei fatti, mentre numerose persone continuano a rimanere in carcere ingiustamente. Secondo i partecipanti allo sciopero della fame, a Sangla Hill cristiani e musulmani, nonostante il loro desiderio di pace, sono vittime della noncuranza del governo che non gestisce la situazione in modo adeguato.
Dopo aver espresso "profonda preoccupazione" per la situazione a Sangla Hill, al termine della manifestazione i promotori hanno ribadito le loro richieste evidenziando le mancanze delle autorità:
-Yousaf Masih, ritenuto colpevole di aver dissacrato il Corano, è ancora detenuto in modo illegale. La sua incarcerazione viola la Sezione 156-A del Codice di procedura criminale che prevede un inchiesta del soprintendente di polizia prima di registrare un caso di blasfemia. Questo non si è verificato con Masih. Il presunto caso di blasfemia, avvenuto l'11 novembre, è stato la scintilla che ha innescato gli attacchi al villaggio.
- 86 musulmani sono stati arrestati senza indagini con l'accusa di aver bruciato 3 chiese, 2 scuole e diverse abitazioni di cristiani. Il fatto continua a creare tensioni con i parenti dei detenuti che pretendono la loro liberazione.
- Mancano fondi per riparare le chiese, scuole e gli edifici distrutti dall'assalto.
- Polizia e amministrazione locale non rispondono in modo adeguato agli episodi di minaccia e intimidazione di cui ancora sono vittime i cristiani.
Quello che propongono le organizzazioni intervenute alla protesta pacifica di ieri è:
- Rendere pubblici i risultati dell'inchiesta distrettuale sui fatti di Sangla Hill, conclusa già il 28 novembre scorso.
- Accelerare le indagini per consegnare i reali responsabili alla giustizia, perché ulteriori ritardi incoraggiano solo le iniziative di chi usa la religione per creare un regno del terrore.
- Liberare tutti gli innocenti, compreso Masih.
- Abolire completamente le "ambigue, difettose e mal redatte" leggi sulla blasfemia, di cui nel Paese si assiste a un frequente abuso.