Paesi ex sovietici di nuovo uniti da trattato di libero scambio
di Nina Achmatova
Con la benedizione del premier Putin, da sempre nostalgico dell’Urss, 8 su 11 nazioni firmano un accordo di libero scambio da cui sono però esclusi gas e petrolio. Mosca lo usa subito per accelerare il suo ingresso nel Wto.
Mosca (AsiaNews) – Potrebbe essere il primo passo verso l'annunciato progetto dell'Unione eurasiatica: dall'incontro della Comunità degli Stati indipendenti (Csi), a San Pietroburgo il 17 ottobre, il premier russo Vladimir Putin ha portato a casa il patto di libero scambio tra le nazioni dell'ex spazio sovietico gettando le fondamenta per una possibile nuova Urss, non più su base ideologica, ma commerciale ed economica. A firmare il trattato sono stati 8 Paesi su 11: Russia, Ucraina, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan, Armenia, Moldavia e Tagikistan.
Azerbaijan, Uzbekistan e Turkmenistan, i più ricchi dal punto di vita energetico, stanno ancora considerando l'adesione.
“È un documento fondamentale che servirà come base per le relazioni a lungo termine”, ha annunciato soddisfatto Putin, che a marzo potrebbe tornare a capo del Cremlino. Il primo ministro ha poi tenuto a sottolineare come l'accordo dia "una nuova configurazione alle relazioni economiche e commerciali nello spazio ex sovietico”. Il patto entrerà in vigore da gennaio e sostituirà l'accordo del 1994 mai ratificato tra i Cis, la comunità creata dopo il crollo dell'Urss.
Il trattato di libero scambio arriva in un momento in cui Mosca sta premendo con forza per l’ingresso nell’Organizzazione mondiale del commercio, atteso da 18 anni. Anche se il Cremlino nega, il patto tra i Paesi Csi è fatto passare come valida alternativa al Wto ed usato come strumento di pressione per costringere a una decisione rapida i partner internazionali. Ne è prova il fatto che, a poche ore dalla sigla del trattato, il presidente Dmitri Medvedev ha dichiarato con sicurezza che “la Russia sopravviverà anche senza l’Organizzazione mondiale del commercio”.
Anche un’altra nazione potrebbe servirsi del patto di libero scambio per accelerare trattative su fronti sensibili. Si tratta dell’Ucraina, la cui firma del patto è seguita alla delusione per aver visto svanire le speranze di stabilire l'accordo di libero scambio con l'Unione Europea. Bruxelles, infatti, ha deciso di posticipare a data da definire l'incontro negoziale previsto per il 20 ottobre, dopo la controversa condanna della leader dell'opposizione ucraina Yulia Tymoshenko. Il premier ucraino, Mikola Azarov, ha comunque rassicurato che la sigla del trattato con i Csi non è un'alternativa all'integrazione europea, ma “parte di un'unica strategia per aprire l'economia ucraina ai mercati esteri”.
I detrattori dell’accordo sponsorizzato da Putin sottolineano che si tratta solo di una strategia politica senza alcun reale significato economico. Dall'accordo di libero scambio rimangono fuori petrolio e oro blu. “Capite perfettamente cosa significano per la Russia i dazi sull'export di greggio e gas”, ha spiegato lo stesso Azarov, il cui governo è impegnato in un braccio di ferro con Mosca proprio sui prezzi del gas.
Azerbaijan, Uzbekistan e Turkmenistan, i più ricchi dal punto di vita energetico, stanno ancora considerando l'adesione.
“È un documento fondamentale che servirà come base per le relazioni a lungo termine”, ha annunciato soddisfatto Putin, che a marzo potrebbe tornare a capo del Cremlino. Il primo ministro ha poi tenuto a sottolineare come l'accordo dia "una nuova configurazione alle relazioni economiche e commerciali nello spazio ex sovietico”. Il patto entrerà in vigore da gennaio e sostituirà l'accordo del 1994 mai ratificato tra i Cis, la comunità creata dopo il crollo dell'Urss.
Il trattato di libero scambio arriva in un momento in cui Mosca sta premendo con forza per l’ingresso nell’Organizzazione mondiale del commercio, atteso da 18 anni. Anche se il Cremlino nega, il patto tra i Paesi Csi è fatto passare come valida alternativa al Wto ed usato come strumento di pressione per costringere a una decisione rapida i partner internazionali. Ne è prova il fatto che, a poche ore dalla sigla del trattato, il presidente Dmitri Medvedev ha dichiarato con sicurezza che “la Russia sopravviverà anche senza l’Organizzazione mondiale del commercio”.
Anche un’altra nazione potrebbe servirsi del patto di libero scambio per accelerare trattative su fronti sensibili. Si tratta dell’Ucraina, la cui firma del patto è seguita alla delusione per aver visto svanire le speranze di stabilire l'accordo di libero scambio con l'Unione Europea. Bruxelles, infatti, ha deciso di posticipare a data da definire l'incontro negoziale previsto per il 20 ottobre, dopo la controversa condanna della leader dell'opposizione ucraina Yulia Tymoshenko. Il premier ucraino, Mikola Azarov, ha comunque rassicurato che la sigla del trattato con i Csi non è un'alternativa all'integrazione europea, ma “parte di un'unica strategia per aprire l'economia ucraina ai mercati esteri”.
I detrattori dell’accordo sponsorizzato da Putin sottolineano che si tratta solo di una strategia politica senza alcun reale significato economico. Dall'accordo di libero scambio rimangono fuori petrolio e oro blu. “Capite perfettamente cosa significano per la Russia i dazi sull'export di greggio e gas”, ha spiegato lo stesso Azarov, il cui governo è impegnato in un braccio di ferro con Mosca proprio sui prezzi del gas.
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