P. Shanti: Coi giovani della Papua alla GMG di Rio de Janeiro
Città del Vaticano (AsiaNews) - P. Shanti, missionario del Pime, è segretario della Commissione per i laici e i giovani in Papua Nuova Guinea e per le Isole Salomone. Nelle scorse settimane, il sacerdote ha partecipato al raduno del Comitato preparatorio alla Giornata mondiale della gioventù (Gmg) a Rio de Janeiro, nel 2013. Gli incontri sono avvenuti a ridosso della Domenica delle Palme, che coincideva con la 28ma edizione della Gmg, questa volta celebrata a livello locale. Nell'occasione, p. Shanti ha avuto una conversazione con AsiaNews. Ecco quanto ci ha detto:
Sono nato nel 1965 in Kerala, e ho frequentato una scuola cattolica, dove venivano presentati molti santi della Chiesa. Verso i 12 anni ho sentito con forza il desiderio di essere come Francesco d'Assisi, con il suo amore ai poveri, ai lebbrosi, una vita semplice, amante del creato.
A un certo punto è venuto un sacerdote per un appello vocazionale. Una delle amministratrici della scuola, un'indù, ha detto a questo prete che secondo lei io ero la persona giusta per essere instradata al sacerdozio. Diceva che io aiutavo i miei compagni di scuola, ero molto tranquillo, gioioso.
Ho preso contatti con la mia parrocchia e con il seminario, ma ho pensato che era meglio non affrettarsi e ho preso tempo. Finita la scuola superiore mi sono iscritto all'università per studiare psicologia. Alla fine ho chiesto al mio vescovo cosa fare e dove diventare sacerdote. Lui mi ha consigliato di studiare a Pune (Maharashtra), dove si trovano molte facoltà teologiche. Per avere un confronto, sono andato a Calcutta a trovare Madre Teresa, che conoscevo già. La Madre mi ha confortato per questa scelta e mi ha detto: "Io ti aiuterò sempre".
A Pune ho trovato il Pime (Pontificio Istituto Missioni Estere) e sono rimasto colpito dalla missionarietà semplice e radicale dei padri lì presenti. Così sono entrato nel Pime. Ho studiato in Italia e nelle Filippine e nel '99 sono stato ordinato, due anni dopo la morte di Madre Teresa. La Madre mi aveva detto: "Se sono in terra, pregherò per te. Se sono in cielo, ti aiuterò" e così ho deciso di farmi ordinare nella Casa madre delle Missionarie della carità a Calcutta, per le mani di mons. Henry D'Souza.
L'anno dopo sono stato destinato alla Papua Nuova Guinea, la prima missione del Pime, segnata dal sangue del suo primo martire, il beato Giovanni Mazzucconi.
La missione in Papua è meravigliosa, sento quel luogo come la mia seconda patria. Ho girato qualche missione fino a che non sono approdato in quella di Alotau, dove sono responsabile della formazione dei giovani fra i 14 e i 25 anni. Sono molto contento di questo lavoro, che raccoglie oltre 2400 giovani, ma sparsi su un vasto territorio e su diverse isole con decine di parrocchie.
Coi giovani ci sono lezioni di catechismo, ma anche attenzione alla loro crescita umana e professionale.
Di tutti i giovani della Papua, solo il 3-4% riesce ad andare all'università. Gli altri si trovano spesso senza un lavoro, senza una prospettiva, abbandonati nei loro villaggi, a distanze enormi dalla capitale. Quasi la stessa percentuale è quella dei giovani che restano legati alla vita di fede e alla parrocchia, con grande abbandono della pratica di fede.
Occorreva fare qualcosa. E occorreva farlo nelle loro situazioni. Le distanze sono troppo grandi e i costi dei viaggi troppo alti. Così ho preparato in ogni villaggio o parrocchia un leader per il movimento giovanile che assicura una proposta educativa ai giovani della zona. E io di continuo visito tutte queste parrocchie non appena si è formato un gruppo stabile.
Dal 2008, dopo la Giornata mondiale dei giovani a Sydney (v. foto), i vescovi hanno voluto affidarmi questa responsabilità verso i giovani di tutta la Papua e delle Isole Salomone: in tutto 21 diocesi da visitare e un lavoro di catechesi da organizzare. In ogni diocesi vi sono migliaia di giovani e poche decine di sacerdoti. Così ho organizzato un programma di formazione integrale: spirituale, psicologico, intellettuale, pastorale e sociale. Io ho preparato alcune linee guida per i leader delle diverse diocesi e i giovani si trovano in parrocchia almeno una volta alla settimana.
La Papua è un Paese che potremmo definire piuttosto primitivo, essenziale, dove la cultura del villaggio e della tribù è spesso l'unico orizzonte. Ma esiste ormai anche la cultura della globalizzazione con il computer, il cellulare, internet ... Tutti questi gadget danno una falsa speranza di potere, riempiono la vita di cose materiali, mascherano il bisogno di amore e di rapporti, lasciando i giovani senza speranza. Anche le famiglie, alla ricerca solo del benessere materiale, rischiano di dividersi. In più, da diversi anni, si stanno diffondendo la droga e in special modo la marijuana, con coltivazioni di "erba" in ogni giardino privato.
La frustrazione dei giovani che vanno a scuola e poi ritornano nel villaggio è tale da spingerli alla droga, all'alcol, ai rapporti prematrimoniali ed extramatrimoniali. Con l'aiuto di alcune organizzazioni non governative abbiamo iniziato dei programmi verso le ragazze madri o verso i ragazzi di strada, per recuperarli e anche per instradarli in una professione.
All'inizio i giovani sembrano non fidarsi di noi, ci guardano, ci studiano; ma poi, quando si accorgono che vogliamo solo il loro bene, si aprono e si comincia a lavorare insieme. Essi si accorgono che questi programmi di formazione li portano a scoprire cose nuove, a migliorare la loro vita, ad accrescere il loro sviluppo umano e economico.
Una volta un ragazzo di strada è entrato nel mio ufficio - forse per rubare. Scopre che io sono là e mi domanda: Non hai qualcosa da darmi? Io gli chiedo: E tu chi sei? Mi racconta che si chiama Joshua, che sua madre è morta anni prima e che suo padre si è risposato, ma lui non si sente accolto dalla matrigna e così è scappato di casa, vivendo di espedienti.
Gli ho promesso che l'avrei aiutato a studiare fino all'università se lui fosse ritornato a scuola. Ha deciso di sì e ora, a 26 anni, si è ormai laureato e si commuove tutte le volte che pensa al fatto che era un ragazzo di strada e ora ha una professione e con un lavoro importante nella società.
Anche per le ragazze è importante partecipare alla scuola di cucina o di cucito. Questa insegna loro un mestiere e le rende più indipendenti dai ricatti del villaggio, più libere dalla sottomissione verso i maschi.
Per molti di questi giovani l'appuntamento più importante dell'anno scorso è stato la Gmg di Madrid. Pur essendo un viaggio molto lungo (e costoso) siamo riusciti a inviare una cinquantina di loro. Sono tornati tutti entusiasti. Anche per loro - come per il papa Benedetto XVI - i momenti culminanti di Madrid sono stati la fraternità vissuta con gente che nemmeno conoscevano e soprattutto il silenzio dell'adorazione eucaristica sulla spianata dell'aeroporto Cuatro Vientos.
Il bello è che adesso anche nelle loro parrocchie hanno proposto l'adorazione eucaristica, che praticano ogni settimana.
La loro esperienza sta eccitando l'attenzione degli altri giovani che vorrebbero prepararsi ad andare alla Gmg di Rio de Janeiro nel 2013. Qualche settimana fa ho incontrato il Comitato per la Gmg qui a Roma e ho spiegato che i giovani della Papua e delle Isole Salomone vorrebbero parteciparvi, ma la loro povertà e i prezzi altissimi dei biglietti aerei non permettono loro di sognare troppo. Il card. Rilko, il presidente del Pontificio consiglio per i laici, e altri membri del comitato mi hanno assicurato che i nostri giovani potranno essere aiutati. Per i giovani della Papua, anche guadagnare qualche soldo con lavori saltuari è davvero difficile perché il lavoro non c'è. Ad ogni modo, molti di loro si stanno impegnando a raccogliere e coprire almeno la metà delle spese. Anche noi missionari del Pime ci stiamo impegnando per raccogliere fondi per permettere a questi giovani di andare alla Gmg di Rio de Janeiro.