P. Samir: La nuova legge anti-discriminazione è un passo avanti nella libertà religiosa
Beirut (AsiaNews) - La legge contro le discriminazioni anche religiose, varata di recente negli emirati arabi è “un passo avanti nella libertà religiosa” e un gesto controcorrente e nuovo, rispetto agli altri Paesi della regione, bloccati nel totalitarismo islamico. E’ quanto afferma p. Samir Khalil Samir, commentando per AsiaNews la nuova legge-decreto, che definisce “criminale” ogni atto che suscita l'odio religioso e vieta la discriminazione “sulla base di religione, casta, credo, dottrina, razza, colore o origine etnica”.
Che gli emirati siano fra i Paesi più liberali nel mondo islamico, è dimostrato dal fatto che nei loro territori vi sono 24 chiese e gli emiri hanno contribuito alla loro costruzione. Un vescovo della regione ha dichiarato una volta: “Gli Emirati sono l’unico Paese dove i cristiani sono trattati molto bene”. Non per nulla, molti cristiani in Arabia saudita, alle feste di Natale e Pasqua si spostano ad Abu Dhabi per le celebrazioni (v. foto).
Un contributo alla liberalità di questi territori è dato dalla demografia: la popolazione ha un’alta percentuale di stranieri (l’85%); gli occidentali sono circa il 5%; gli altri provengono da Pakistan, Iran, Bangladesh, Sri Lanka, Filippine e sono impiegati in maggioranza come operai o come domestici. I cristiani sarebbero il 10%, ma nessuno di loro è cittadino degli emirati. I musulmani sono in maggioranza sunniti, ma vi sono anche comunità sciite locali, che costituiscono il 15% di tutti i musulmani. P. Samir fa notare un elemento ancora più decisivo: l’altissimo livello di alfabetizzazione, che arriva fino al 90%, un dato altissimo in Medio oriente. Addirittura, per le ragazze dai 15 ai 24 anni la media è del 97%, e per i giovani il 93,6%. Ecco l’intervento completo di p. Samir.
La legge anti-discriminazione manifesta un principio raro nel mondo arabo o islamico, che invece è normalmente discriminatorio. Molto spesso in questi Paesi l’islam è la religione dello Stato e le altre religioni sono al massimo sopportate. L’islam non dà mai la parità. Anti-discriminazione significa che si dà parità, è superare un concetto totalitario. Noi cristiani nel mondo islamico chiediamo di essere non solo tollerati, ma di avere la piena cittadinanza. Nel Sinodo sul Medio oriente (2010) abbiamo insistito molto su questo: i cristiani sono cittadini alla pari con gli altri. Nelle costituzioni dei Paesi islamici si fanno molte distinzioni fra musulmani e non musulmani; fra musulmani e dhimmi (cioè "protetti"); fra uomo e donna; arabi e altre razze. Questa legge invece vieta la discriminazione sulla base di “religione, casta, credo, dottrina, razza, colore, o origine etnica”. Ciò significa che negli emirati si rigettano anche le discriminazioni che vengono compiute all’interno dell’islam stesso. Molte guerre che si combattono nella regione araba hanno l’apparente motivazione di un conflitto fra sunniti e sciiti. Questa legge porta all’uguaglianza assoluta fra le persone, quasi ispirato alla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. E’ un vero passo avanti.
Un altro elemento positivo da mettere in luce è quando si dice che la discriminazione può avvenire per iscritto, per immagini (televisione), o sui social network. Gli emirati sono consci che dell’uso massiccio di questi veicoli e boccia come “un atto criminale” il diffondere discriminazione e odio con questi mezzi.
No all'odio religioso
Vi è anche una punizione prevista per chi bolla gli altri come “infedeli” (takfir). Perché questo? Perché se si definisce uno come “infedele” o "miscredente" (kafir), il diritto islamico mi permette di ucciderlo. Secondo la legge islamica io non posso uccidere un cristiano o un ebreo, che vivono come “protetti (dhimmi)”, ma posso uccidere un “pagano”, un ateo, un membro di altre religioni. Nell’islam l’infedele non è “protetto”, può solo o convertirsi all’islam o essere ucciso. L’Isis usa con facilità questa norma, uccidendo perfino i cristiani (e questo è contro la legge islamica).
Un altro passo nuovo in questa legislazione è la condanna per aver “provocato l’odio religioso”, anche senza aver compiuto alcun atto positivo; e ci sono punizioni severe a individui e organizzazioni che spingono all’odio. Nel diritto, di solito, non esistono crimini di “odio”. Questo aspetto è davvero coraggioso e insegna qualcosa anche a noi in occidente: basti pensare a quanto disprezzo vi sia in Europa contro i migranti, o contro i neri negli Stati Uniti… Ma da voi l’odio è soprattutto razziale; da noi in Medio oriente l’odio ha sempre un connotato religioso. Nella legge è prevista perfino una punizione per chi sostiene dall’esterno gruppi violenti, in particolare se le sostiene con i soldi. Qui, mi sembra vedere un'allusione all’Arabia Saudita e al Qatar che finanziano movimenti islamici radicali.
Facendo questo, gli emirati hanno compiuto un passo avanti riguardo alla libertà religiosa, così rara nei Paesi islamici. Penso che dobbiamo sostenere questa linea al massimo: è folle considerare come criminale che è solo diverso.
Vorrei aggiungere che questo progresso è però solo un primo passo, e riguarda essenzialmente la dimensione religiosa. Per ciò che riguarda la politica, oppure la dimensione penale, c’è ancora molto da fare. Negli emirati, i diritti dell’uomo sono affermati con diverse sfumature: la libertà di espressione è limitata (come in tutti i Paesi della regione); più grave sono i trattamenti dei prigionieri; la magistratura non è totalmente indipendente.
Soprattutto, non sono garantiti i diritti dei lavoratori stranieri, spesso trattati come schiavi, in particolare le donne nei lavori domestici. E’ questo è molto grave, quando si sa che gli stranieri rappresentano 85% della popolazione totale degli Emirati.
Eppure questa legge appena varata è molto moderna. Ho l’impressione che gli emirati non si siano fossilizzati nel legalismo religioso, e sono i più progrediti nell’educazione. La cosa più positiva di questi Paesi è l’altissimo livello di alfabetizzazione: la media attuale è il 90%, un dato altissimo in Medio oriente. Addirittura, per le ragazze dai 15 ai 24 anni la media è del 97%, e per i giovani il 93,6%.
Resta da sperare che questo primo passo sia seguito da altri, e imitato da altri Paesi arabi o musulmani.