P. Samir: Imbavagliare Fitna e Wilders non serve al dialogo fra le civiltà
Beirut (AsiaNews) – Il governo britannico ha negato l’entrata nel Paese del parlamentare olandese Geert Wilders, invitato a presentare il suo film “Fitna” alla Camera alta (House of Lords). Il film, prodotto circa un anno fa, vuole mostrare il forte legame fra il Corano e il terrorismo internazionale, con immagini della distruzione delle Torri gemelle a New York (2001), gli attentati di Londra (2004) e quello di Madrid (2005).
Wilders, fermato all’aeroporto di Heathrow, ha detto che il divieto per lui di entrare nel Paese segnava “un giorno molto triste” per la democrazia.
L’anno scorso il film “Fitna” era stato diffuso via internet e ha provocato molte reazioni nel mondo musulmano. La decisione di fermare Wilders è stata motivata con ragioni di “ordine pubblico”, per porre un freno “all’estremismo”.
David Milibrand, ministro degli esteri, ha dichiarato che la Gran Bretagna ha “un profondo impegno verso la libertà di parola, ma secondo le leggi del nostro Paese, non c’è libertà di fomentare odio, razziale o religioso”. Ma altri osservatori giudicano l’atteggiamento del governo britannico troppo pauroso e troppo incline a non rovinarsi i rapporti con i Paesi del Medio oriente e i loro investimenti in Gran Bretagna. Su questa situazione AsiaNews ha raccolto il commento dell’islamologo p. Samir Khalil Samir.
Una cosa è chiara: la decisione del Foreign Office britannico di rifiutare il visto al parlamentare olandese Geert Wilders, è una reazione politica, dettata da motivi politici. La domanda che ci si può fare è se questa è una buona politica. Può darsi che questo espediente della Gran Bretagna sia l’unico modo per evitare scontri religiosi, ma mi sembra che valga la pena fare un commento.
Avevo visto il film “Fitna” un anno fa e ho in questi giorni ho rivisto qualche spezzone. Il film è piuttosto violento e crudo e ha scelto di esserlo: esso ha come scopo di dimostrare che l’Islam è una religione violenta in se stessa.
Il film non mi piace. D’altra parte esso descrive una realtà con numerose citazioni del Corano per mostrare la violenza di questa religione. Senz’altro la realtà presentata in “Fitna” è parziale e per nulla corretta verso tutta la realtà dell’Islam.
Il film è certo provocatorio perché vuole affermare che l’Islam è una religione di violenza. Ma in effetti esiste violenza sia nel Corano, sia nella vita del modello Maometto. Così a tutt’oggi vi sono musulmani che fanno violenza in nome del Corano e del profeta dell’Islam.
Va detto però che la risposta a un film violento e parziale non può essere la violenza e nemmeno la decisione di impedire a qualcuno di parlare. La scelta del ministro di bloccare Wilders e gli atti di minaccia contro Wilders vanno in questo senso.
Ho visto che la Lega araba europea ha risposto a questo film con un altro film, una specie di anti-“Fitna”; anche altri autori musulmani hanno fatto questo. Tale reazione è più apprezzabile di quella manifestata dal Foreign Office. Anche se a me “Fitna” non piace, sono contrario alla decisione del governo britannico. Tanto più che Wilders doveva presentare il film alla Camera alta (House of Lords) e non a un gruppo politico.
Il discorso di Wilders è senz’altro violento e fanatico. Leggendo qualche sua dichiarazione è evidente. Ma in occidente la libertà di parola è un diritto che non si può negare, senza cadere in altri problemi.
Ho letto almeno 60 reazioni da parte musulmana al film “Fitna”, anche se pochi lo avevano visto. Le reazioni sono in gran parte di rigetto e di risposta violenta. Solo un commento dice: “È vero, questo film è violento, non fa del bene e accresce la nostra percezione di essere assediati da tutte le parti; vediamo ovunque islamofobia. Ma è anche vero che con le nostre reazioni diamo molto spazio a questa islamofobia”.
Io mi domando: come mai il mondo musulmano - e anche una parte dell’occidente - si sente così suscettibile fino a imbavagliare ogni critica e perfino sollevare tanta violenza (fisica) contro la violenza (verbale)?
Il mondo musulmano non ha ancora assimilato alcuni valori, come il diritto alla parola e alla critica, anche se questa talvolta può essere ingiusta, o parzialmente ingiusta.
Il Corano ha un bellissimo versetto che dice: “Nel dibattito, disputa con loro in maniera superiore e non allo stesso livello”. Questo versetto escluderebbe questo tipo violento di reazioni. E purtroppo bisogna dirlo: c’è una violenza in nome dell’Islam.
In alcuni film anti-“Fitna” ci sono immagini di israeliani che combattono contro i palestinesi; poi vi sono immagini di crociati con la croce e la spada; poi immagini di americani in Vietnam. É un film prodotto dalla società islamica al Furkan. Anche in questi film anti-“Fitna” si denuncia la violenza legata alle religioni. Ma la differenza è che i musulmani che fanno violenza, lo fanno in nome della loro fede e citano di continuo i passi del Libro sacro e gli hadith. Gli israeliani, gli americani fanno le guerre non in nome della Bibbia o del Vangelo, ma in nome della loro politica. Non parliamo qui delle crociate, perché è sciocco paragonare fatti contemporanei con fatti di un lontano passato.
Se l’occidente fa una guerra, lo fa per i suoi fini politici, economici, ecc. Purtroppo nell’Islam vi sono moltissimi imam che predicano una guerra di tipo religioso, contro i miscredenti, non un guerra morale, ma una guerra fisica, citando sempre il Corano. La violenza in nome di Dio in qualunque religione è da scartare. Lo ha denunciato tante volte Giovanni Paolo II e lo fa oggi Benedetto XVI. Vale dunque la pena non bloccare le discussioni, ma rispendervi e manifestare le falistà che vi sono incluse, i legami fra religione e politica, correggendoci a vicenda.
In conclusione, io non credo che il film “Fitna” sia utile: esso serve solo a provocare i musulmani perché rompano con la violenza, e i non musulmani perché reagiscano e non tacciano. D’altra parte, la reazione britannica non è nemmeno valida: essa non aiuta né i musulmani a fare l’autocritica, né a fermare la violenza in nome dell’Islam.
È sempre più urgente un gruppo di musulmani e non musulmani che lottino insieme per la libertà di parola e di coscienza e siano capaci di dialogare; per far crescere l’autocritica delle persone e delle civiltà; separando con precisione religione e politica.