14/04/2022, 09.19
MYANMAR
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P. Dominic: io prete birmano, esule con il mio popolo (VIDEO)

Nel Giovedì Santo, la giornata del sacerdozio, la testimonianza di p.Wun Kyaw Htway, prete di Kengtung unitosi alle proteste subito dopo il golpe della giunta militare e oggi rifugiato in Thailandia. Chiede aiuto alla comunità internazionale e punta il dito contro la Cina per il protrarsi del conflitto civile. Il suo appello al mondo: "Basta parole, ci servono azioni concrete".

Yangon (AsiaNews) - Era una vita da semplice parroco quella che conduceva p. Dominic Wun Kyaw Htway prima che il golpe militare della giunta birmana sconvolgesse il Myanmar. Ora si trova come rifugiato in Thailandia e chiede aiuto alla comunità internazionale: “Per favore, per favore, per favore, non limitatevi alle parole, le azioni concrete valgono di più”.

Di etnia akha, 34 anni di cui cinque da sacerdote, p. Dominic stava svolgendo il proprio ministero nella parrocchia di Sant’Antonio da Padova, nella diocesi di Kengtung, che si trova nella parte orientale dello Stato Shan, quando la sua vita, come quella di tutti i birmani, il primo febbraio 2021 è stata travolta da quello che si è poi trasformato in un brutale conflitto civile: “ci sono stati sottratti i nostri sogni, le nostre speranze e il nostro futuro. Le nostre vite sono state distrutte dai soldati terroristi e assassini”, racconta ad AsiaNews p. Dominic.

Era inevitabile, quindi, che anche lui prete si unisse alle proteste pro-democrazia: “L’8 febbraio stavo protestando. Il giorno dopo ho ricevuto una lettera di richiamo ma ho continuato a protestare. Il 10 ho ricevuto un ultimo avvertimento ma non mi sono fermato”. L’11 febbraio 2021 sarebbero venuti ad arrestarlo ma, venutolo a sapere in anticipo, è scappato e per circa 6 mesi si è nascosto nella città di Tachilek al confine con la Thailandia. A fine agosto ha varcato la frontiera fingendosi un lavoratore transfrontaliero delle piantagioni di caffè. 

“Ora mi trovo in una parrocchia della diocesi di Chiang Rai, dove aiuto un sacerdote thai”, continua. “Il mio lavoro qui è utile perché la maggior parte dei parrocchiani sono anch’essi di etnia akha”. P. Dominic è tornato ad amministrare i sacramenti e a dare lezioni di catechismo, ma alle sue attività si è aggiunta quella di raccogliere donazioni per i profughi del Myanmar. Cibo, vestiti, denaro: qualunque cosa viene donata e portata al confine, 

Nel resto del suo tempo p. Dominic denuncia le violenze dell’esercito: “Spiego la situazione in Myanmar, racconto come la gente venga torturata, violentata e bruciata viva. Non c’è più sicurezza per la popolazione” prosegue, perché chi dovrebbe occuparsene è diventato carnefice. “Vogliamo vedere almeno riconosciuto il diritto alla vita in quanto esseri umani. Quello del Myanmar non dovrebbe essere solo un problema interno, dovrebbe essere una questione internazionale perché questi sono crimini contro l’umanità. Abbiamo chiesto aiuto alle Nazioni Unite ma finora la comunità internazionale si è limitata a guardare e a dire di essere preoccupata. Grazie per starmi a fianco, ma abbiamo bisogno di qualcosa di più”.

Punta il dito soprattutto contro la potenza regionale che ritiene responsabile del protrarsi del conflitto: “È la Cina che controlla la giunta militare, sostiene gli assassini da dietro perché vuole manipolare il nostro Paese, ma non può controllare il governo eletto. Alla Cina non importa della nostra vita, le importa solo degli affari”. “Non intendo tutti i cinesi” precisa p. Dominic. “Ma Pechino è un Grande fratello che controlla diversi Paesi asiatici. È per questo che solo voi potete salvarci ed è per questo che speriamo che ci aiutiate. Per favore, per favore, per favore, prendete azione ora contro i militari del Myanmar”.

 

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