09/07/2007, 00.00
FILIPPINE
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P. Bossi, dubbi sul coinvolgimento di Abu Sayyaf

Diversi esperti delle Filippine spiegano ad AsiaNews le incongruenze e le possibili strumentalizzazioni delle dichiarazioni di Manila, secondo cui dietro al rapimento del missionario del Pime vi sarebbero gli integralisti islamici di Abu Sayyaf.
Zamboanga (AsiaNews) – Non convince l’ipotesi che ci sia Abu Sayyaf [“Portatori di spade” in lingua locale, gruppo radicale di ispirazione qaedista con base nel sud delle Filippine ndr] dietro il rapimento di padre Giancarlo Bossi. “Quello che sappiamo noi, invece, è che si trova ostaggio di una banda di malviventi”. Lo dice p. Luciano Benedetti, che dalla casa regionale del Pime a Zamboanga segue sin dal primo giorno gli sviluppi del sequestro. Anche Margherita Boniver, inviata speciale del governo italiano, al suo rientro dalle Filippine, ha espresso cautela su Abu Sayaff: “ci sono – ha detto - anche altre ipotesi sui rapitori, per esempio il capo dell’esercito ha parlato di fuorusciti dal Fronte islamico di liberazione”.
 
Di fatto, il sequestro del missionario del Pontifico istituto missioni estere è caduto in un momento politicamente particolare per Manila. Esperti delle Filippine spiegano ad AsiaNews che “tirare in ballo gli estremisti islamici di Abu Sayyaf può significare molte cose, e non è detto che queste abbiano a che fare con il rapimento del sacerdote italiano”.
 
In primo luogo, “nel Paese si attende con ansia l’entrata in vigore della nuova legge anti-terrorismo, prevista per il 15 luglio, che darà all’esercito dei poteri praticamente illimitati. Indicare nei mandanti del rapimento gli estremisti islamici dà il via libera al governo per ordinare un blitz militare molto pericoloso per la vita dell’ostaggio”.
 
Inoltre, “se si dà credito alla teoria del governo, è lecito attendersi una maggiore partecipazione nelle ricerche da parte degli Stati Uniti, che nel contempo potrebbero garantire sostanziosi finanziamenti di cui Manila ha bisogno”.
 
Vi sono poi “delle grandi incongruenze in tutta questa vicenda: se nessuno ha ancora raggiunto dei contatti reali con i rapitori, non vi sono basi per fornirne l’identità. Va poi considerato che, come in ogni rapimento che avviene nelle Filippine, vi sono state numerose richieste di denaro in cambio di informazioni, una pratica che Abu Sayyaf non consente quando è realmente all’opera, perché non vuole sminuire il suo gesto”.
 
Infine, “la zona di Payao da cui p. Bossi è stato sequestrato non è campo d’azione dei radicali islamici. Se si parla di fuoriusciti dal Fronte di liberazione islamico Moro si deve intendere dei banditi comuni in cerca di denaro, non estremisti ancora più determinati”.
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