03/07/2010, 00.00
TURCHIA
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P. Antuan, primo gesuita turco, prima messa in ricordo di mons. Padovese e p. Andrea Santoro

Il sacerdote, già laureato in economia, si è convertito dall’islam nel ’97. Ma non oppone cristianesimo e islam. Impegnato sui temi della bioetica, in dialogo con il pensiero cattolico e musulmano. Si attende l’apertura del processo contro Murat Altun, l’assassino di mons. Padovese, Vicario dell’Anatolia.
Ankara (AsiaNews) – Domani, nella cappella di Santa Teresa di Gesù Bambino ad Ankara, p. Antuan Ilgit, primo gesuita turco, celebrerà la sua prima messa in lingua locale con i circa 50 fedeli della capitale. Alla messa partecipano il nunzio apostolico mons. Antonio Lucibello e i provinciali gesuiti dall’Italia e dal Medio oriente.
 
A un mese esatto dall’uccisione di mons. Luigi Padovese, il vicario apostolico dell’Anatolia assassinato dal suo autista Murat Altun, la prima messa di p. Antuan è un segno di speranza per i cattolici turchi.
 
Egli stesso, ordinato a Roma lo scorso 26 giugno, nell’omelia del giorno dopo, nella chiesa del Gesù, ha ricordato il sacrificio di mons. Padovese, che lo ha sempre sostenuto nella vocazione, e quello di don Andrea Santoro, ucciso nel 2006 a Trabzon. Egli ha voluto dedicare la sua preghiera “a mons. Padovese e a don Andrea, i cui i corpi sono stati spezzati e il sangue è sparso su quella terra che io amo e che amavano anche loro”.
 
P. Antuan è nato 38 anni fa in Germania, da genitori turchi emigrati da Mersin. Nel ’78 la famiglia ritorna in patria e nel 1994 si laurea in Scienze economiche e amministrative presso l’Università Gazi, ad Ankara. Lì, musulmano, scopre a poco a poco il cristianesimo. “Per la prima volta – racconta - compresi chiaramente le parole delle preghiere rivolte ad Allah e rimasi stupito per il fatto che mi veniva presentato un Dio amico dell’umanità, compagno del cammino, misericordioso, umile fino a darsi da mangiare e da bere”.
 
Il 29 marzo 1997, alla Veglia pasquale, proprio nella cappella dove domani celebrerà la sua prima messa in terra turca, egli viene battezzato. P. Antuan non ama esibire la sua conversione, come un’opposizione fra cristianesimo e islam: “le religioni – spiega - vengono molto strumentalizzate politicamente e questo non aiuta il dialogo”.
 
“Non è vero che sono stato strappato dalla mia fede originaria: il Signore piuttosto mi ha fatto percorrere un itinerario per conoscerlo più intimamente attraverso Gesù Cristo. E la cosa più bella che ho scoperto è che attraverso di Lui amo ancora di più il mio paese e la mia gente”.
 
“Attraverso la fede musulmana – dice ancora -  il Signore si è rivelato a me, come unico Dio. Si è avvicinato a me in questo modo. Non rinuncio a questa parte della mia vita: il cristianesimo è un’ulteriore tappa del mio cammino che, nel suo insieme, considero un dono inestimabile che Dio mi ha fatto”.
 
Nell’ultima lettera a lui inviata, mons. Padovese lo esorta: “Antuan, ora (come presbitero) dai quello che hai ricevuto: pace, consolazione, speranza, carità”. Per seguire questo percorso, p. Antuan si sta specializzando su alcuni temi di bioetica, paragonando il pensiero cattolico con le fatwa sul tema diffuse dalla Presidenza degli affari religiosi in Turchia.  E aggiunge: “È il primo passo dello stile di dialogo che desidero portare avanti”.
 
Intanto, le comunità cristiane turche attendono la conclusione dell’inchiesta sull’uccisione di mons. Padovese e l’inizio del processo contro l’assassino, Murat Altun. A un mese dal martirio del vicario di Anatolia, vi sono state preghiere e messe, celebrate in modo sobrio. Ad Antiochia, il 28 giugno scorso, si sono tenuti i vespri per la festa di san Pietro e Paolo, celebrati insieme a diversi rappresentanti ecumenici. L’indomani, davanti alla cosiddetta “grotta di san Pietro”, si è tenuta una celebrazione eucaristica.
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