Orissa: non c’è pace per i cristiani nemmeno nei campi di rifugio
New Delhi (AsiaNews) – Non si ferma la tensione nell’Orissa, dove da 2 settimane è in atto un pogrom contro i cristiani. Molti fedeli rifugiatisi nei campi profughi dopo che la loro casa è stata distrutta e incendiata, si trovano minacciati anche all’interno, dove dovrebbero essere protetti dalla polizia. Le minacce vengono da radicali indù del Vhp (Viswa Hindu Parishad) e dell’Rss (Rastriya Swyamsevak Sangh) che costringono i tribali a riconvertirsi all’induismo pena nuove violenze. Anche alcuni preti e i loro familiari vengono minacciati e come segno della loro “riconversione” vengono rasati a zero come dei sadhu (asceti indù).
Secondo testimonianze giunte ad AsiaNews da Bhubaneshwar, i gruppi fondamentalisti si diffondono anche nei villaggi e obbligano i cristiani a firmare una carta dove è scritto che essi ritornano “liberamente” all’induismo. Chi si rifiuta riceve percosse e la sua casa viene bruciata.
Talvolta – affermano le fonti di AsiaNews – come segno della loro “nuova vita”, essi sono costretti a bruciare chiese e abitazioni di altri cristiani.
Anche le distruzioni divengono più “intelligenti”. Talvolta, invece di incendiare le case, i fondamentalisti si accontentano di portare fuori ogni mobile o oggetto e distruggerli. In tal modo, essi dicono, rendono povere le famiglie e le escludono da possibili risarcimenti da parte del governo, che ha promesso denaro per coloro che hanno avuto al casa incendiata. Questo metodo è anche utile nel caso che i fondamentalisti fossero arrestati dalla polizia: l’incendio è punito con anni di prigione, la distruzione degli oggetti solo con alcuni mesi.
Nella zona di Kandhamal, è stata stilata una lista di sacerdoti cattolici e pastori accusati di essere gli assassini di Swami Laxmanananda Saraswati, il leader radicale indù ucciso il 23 agosto scorso da guerriglieri maoisti, della cui morte gli indù continuano a incolpare i cristiani.
(Nella foto: cristiani fuggitivi verso un campo profughi in Orissa)