Ordinari cattolici di Terra santa: Israele e Palestina sono una ferita aperta e infetta. Rifiutare le ingiustizie come ‘normali’
La Commissione Giustizia e pace dell’Assemblea degli ordinari cattolici di Terra Santa si scaglia contro la “normalizzazione” della situazione israelo-palestinese. Il conflitto influisce sulla vita di tutti i giorni in Palestina e Israele: i palestinesi subiscono discriminazioni e occupazione. Ignorare la situazione “anormale” significa collaborare alle ingiustizie e alla mancanza di pace. L’appello alla Chiesa universale: ha il dovere naturale di denunciare le ingiustizie.
Gerusalemme (AsiaNews) – “Israele e Palestina sono una ferita aperta e infetta” e “la situazione non può essere considerata normale”. Queste le parole con cui la Commissione Giustizia e pace dell’Assemblea degli ordinari cattolici di Terra Santa denuncia la “normalizzazione” della situazione israelo-palestinese, ricordando il dovere naturale della Chiesa di combattere le ingiustizie e promuovere il dialogo.
“La situazione politica in Israele e Palestina è lontana dall’essere normale”, ma è segnata da un costante conflitto fra due popoli che ha “un profondo impatto nella vita di tutti i giorni” in Israele e Palestina. In Israele tutti i cittadini hanno “di principio equi diritti”, ma nella realtà i cittadini arabi sono discriminati in molti campi – dall’accesso allo sviluppo fino all’istruzione – e in molti modi, tanto in maniera diretta nella legislazione quanto “indiretta e nascosta”. In Palestina, a dispetto dell’esistenza dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), i palestinesi vivono sotto un’occupazione militare “che determina la loro vita di tutti i giorni: costruzioni di insediamenti e strade, legalizzazione di costruzioni israeliane su territori palestinesi privati, incursioni militari, uccisioni, arresti arbitrari, detenzioni amministrative e punizioni collettive, confische di territori, e distruzioni di case, limitazioni di movimento ai checkpoint e creazione di numerosi ostacoli per lo sviluppo economico e l’impedimento alla riunificazione familiare, una violazione del diritto naturale dei membri di una stesso nucleo familiare a vivere insieme”.
In questo contesto “comportarsi ‘come se’ queste cose fossero normali non tiene conto della violazione dei diritti umani fondamentali”. Per gli ordinari cattolici, “tutte le persone e le istituzioni coinvolte nel mantenimento di questi rapporti dovrebbero essere consapevoli che qualcosa di ‘anormale’ ha bisogno di essere corretto piuttosto che permettere all’ ‘anormale’ di diventare ordine del giorno”.
Ignorare o marginalizzare il dovere di “usare tutti i mezzi legali disponibili e non-violenti per promuovere pieni diritti e completa eguaglianza di tutti i cittadini” significa collaborare con le “strutture della discriminazione, la permanenza dell’ingiustizia e la mancanza di pace”.
In più, “la Chiesa locale in Israele-Palestina” ha il dovere di ricordare alla “Chiesa universale” che la situazione non può essere considerata normale. Riconoscendo l’obbligo della Chiesa di assicurare che tutti i suoi istituti agiscano senza difficoltà e di collaborare con le amministrazioni dei territori dove essa è attiva, la Commissione ricorda che questo non può “oscurare l’impegno della Chiesa per la giustizia e la sua denuncia a tutte le ingiustizie”. La Chiesa non è legata a nessuna posizione politica, partito o ideologia, ma non può ignorare quanto “mette in pericolo la pace e il benessere della persona umana” e non può “mai ignorare ingiustizie ‘come se’ tutto andasse bene”. Il suo impegno è quello di denunciare le ingiustizie “come i profeti dell’antichità” e “incoraggiare al dialogo fra tutte le persone, inclusi israeliani, gli individui e le organizzazioni che riconoscono la necessità di mettere fine all’occupazione e alla discriminazione”.
“Nell’attuale situazione politica confusa e senza speranza, le comunità cristiane, le autorità ecclesiale e i singoli fedeli, hanno bisogno di capacità di discernimento” e devono lavorare insieme ai loro concittadini per una “società giusta ed equa” e una “pace duratura e giusta”.
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