Operai del tessile in Cambogia "vittime sistematiche di abusi, violenze e sfruttamento"
Phnom Penh (AsiaNews/Agenzie) - Il governo cambogiano e i grandi marchi internazionali dell'abbigliamento devono impegnarsi di più per proteggere gli operai dell'industria del tessile dagli abusi, fra cui discriminazioni e turni massacranti con ore di lavoro superiori al consentito. È quanto chiedono gli attivisti di Human Rights Watch (Hrw), secondo cui diverse fabbriche usano - in violazione alla legge - contratti a tempo per evitare di versare i contribuiti ai lavoratori e licenziare senza vincoli. Inoltre, nelle industrie che impiegano manodopera femminile si verificano con frequenza casi di violenze sessuali e abusi verbali nei confronti delle dipendenti.
In un rapporto pubblicato di recente intitolato "Work Faster or Get Out" (Lavora più rapido o vattene!) gli attivisti lanciano un appello all'esecutivo di Phnom Penh e ai produttori mondiali perché applichino con maggiore rigore le leggi e mettano fine agli abusi. Phil Robertson, vice direttore per l'Asia di Hrw, riferisce che "le donne cambogiane impiegate nell'industria del tessile devono fronteggiare ogni giorno un assalto quotidiano di molestie e abusi" e che, quando cercano di difendere i loro diritti formando un sindacato, "vengono licenziate".
L'aumento dei salari e la crescente inflazione in Cina negli ultimi decenni hanno determinato una diaspora nel settore della produzione di abbigliamento a basso costo, che si è trasferita in Paesi come la Cambogia, il Vietnam e il Bangladesh. Si tratta di nazioni in cui le normative sul lavoro e le leggi sulla sicurezza spesso non vengono applicate o sono sono disattese senza il pericolo di incorrere in sanzioni.
Inoltre, grandi marchi internazionali - come Inditex SA di Zara e Hennes & Mauritz AB' di H&M - hanno spesso esercitato pressioni sui produttori locali, per accelerare i ritmi di produzione.
L'industria manifatturiera è una delle attività più fiorenti e produttive della Cambogia, con almeno 700mila persone impiegate nel settore e un volume di esportazioni nel 2013 di circa 5,3 miliardi di dollari. Nel gennaio 2014 la polizia e soldati governativi hanno represso con la violenza una serie di proteste promosse dagli operai del settore, per ottenere l'aumento del salario minimo. Almeno cinque le persone uccise. L'anno precedente, invece, nel crollo di una fabbrica sono morti due lavoratori.
Il tessile è uno dei settori chiave del rilancio dell'economia della Cambogia, che quest'anno secondo le previsioni della Banca mondiale dovrebbe crescere del 7,5%, il dato più elevato di tutta l'Asia dell'est. Il rapporto pubblicato da Hrw si basa su interviste effettuate ad almeno 340 persone fra operai di 73 industrie diverse, sindacalisti, attivisti per i diritti dei lavoratori e funzionari di governo, oltre ai rappresentanti locali delle grandi aziende del tessile.
Ku Kam Rein, 32 anni, una ex impiegata del tessile afferma che "dovevamo lavorare duro, anche se eravamo esausti". La donna ha lasciato al quinto mese di gravidanza, perché "non potevo sottopormi ad alcuna visita medica. Non avevo il tempo necessario per andarci. Avevamo degli obiettivi da raggiungere. Ed ero troppo impaurita per chiedere un permesso". Infine vi sono casi confermati di lavoro minorile. Sebbene l'età minima per lavorare sia di 15 anni, in almeno 11 fabbriche sono emersi operai di età inferiore, nascosti in tutta fretta all'arrivo degli ispettori. E le condizioni peggiorano nelle piccole aziende che subentrano negli appalti siglati da altre imprese più grandi, incluse quelle che forniscono i noti marchi internazionali.
I brand hanno un ruolo fondamentale nella promozione e nel rispetto dei diritti dei lavoratori, sottolinea il rapporto di Hrw. "Ma una combinazione di scarsa trasparenza della catena di approvvigionamento, l'assenza di informatori e nessuna chiarezza nei meccanismi di sostegno - conclude - insieme ad una mancanza di sostegni per interventi a tutela dei lavoratori nelle fabbriche, costituiscono un ostacolo alla responsabilizzazione del marchio".