Onu, Cina sotto esame sulla tortura di Stato
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Ji Sizun è in carcere dall’11 agosto per avere chiesto di tenere una manifestazione in una zona di Pechino destinata, appunto, alle manifestazioni pubbliche durante le Olimpiadi. Lo denuncia il gruppo per la tutela dei diritti Chinese Human Rights Defenders, mentre si svolgono a Ginevra i lavori della Commisione Onu contro la Tortura, che deve dire se la Cina ha fatto progressi nell’abolizione della tortura “di Stato”.
Durante le Olimpiadi a Pechino, per dimostrare la libertà esistente, è stato permesso di tenere manifestazioni pubbliche in tre zone specifiche. Il 9 agosto Ji, abitante di Xhangzhou (Fujian), accompagnato da decine di giornalisti cinesi ed esteri, ha chiesto – riferisce Chrd - di poterci tenere una protesta pacifica su “questioni sociali e politiche”. La polizia non ha accolto la domanda perché presentata sabato e oltre l’orario d’ufficio. E’ tornato l’11 agosto per fare la domanda e da allora è “sparito”. Poi si è saputo che è stato arrestato per “falsificazione di un timbro ufficiale”. Da allora gli amici non lo possono visitare. La polizia ha rifiutato l’avvocato nominatogli dagli amici, perché privo dell’autorizzazione della famiglia di Ji (pure da allora non raggiungibile), e gli ha nominato un legale d’ufficio.
Proprio in questi giorni e fino al 21 novembre si svolge a Ginevra la 41ma sessione del Comitato delle Nazioni Unite contro la Tortura, che il 7 e il 10 novembre ha esaminato la situazione in Cina, Hong Kong e Macao. Pechino vuole evitare nuove censure ufficiali, dopo quelle subite negli anni passati, e nei giorni scorsi ha annunciato, con gran clamore, l’istituzione di una Commissione per elaborare un “Piano di azione statale” per il rispetto dei diritti umani.
Le ong internazionali per la tutela dei diritti nelle loro relazioni hanno ricordato l’uso sistematico di torture e vessazioni, sia contro detenuti che con il sistema della “rieducazione-tramite-lavoro” che permette di irrogare pene sino a 2 anni di carcere “amministrativo” senza un vero processo, sistema già qualificato nel 2006 dall’Inviato speciale Onu contro la Tortura come “una forma di trattamento o punizione inumano e degradante, se non [anche] una tortura psichica”, raccomandandone l’abolizione.
Cristiani e cattolici sotterranei sospettano che torture siano applicate anche a vescovi, sacerdoti e pastori imprigionati (V.: I dubbi dei cattolici sulla morte di mons. Han Dingxian, vescovo sotterraneo di Yongnian).
Le ong hanno ricordato decine di casi specifici, con nomi e circostanze. Il China Human Rights Lawyer Concern Group ha ricordato numerosi avvocati e attivisti percossi o condannati al carcere per la loro difesa dei diritti, quali: Xu Zhiyong di Pechino, percosso per avere denunciato l’esistenza di carceri “fantasma” (non ufficiali per detenere persone non ufficialmente arrestate); Gao Zhisheng, Chen Guangcheng (nella foto) che ha difeso gli abitanti di Linyi (Shandong) contro gli aborti forzati; Guo Feixiong che ha denunciato la corruzione delle autorità del villaggio Taishi (Guangdong), spesso picchiato in carcere da ignoti; Zheng Enchong, che ha difeso i cittadini contro espropri forzati, dapprima condannato al carcere e, dopo il suo rilascio, spesso percosso dalla polizia ovvero convocato e interrogato. Hu Jia, condannato al carcere per avere criticato gli espropri forzati per realizzare le opere olimpiche.
Denunciato pure l’uso sistematico di detenzione e percosse contro tibetani e uighuri, sempre con elenchi di nomi e circostanze.