Oltre 10mila cristiani contro la “draconiana” politica dei visti d’ingresso
di Nirmala Carvalho
Sempre più spesso in Andhra Pradesh la polizia blocca incontri religiosi, in cui sono presenti cristiani dall’estero con permesso turistico. Da anni l’India non rilascia visti a missionari stranieri, ma sikh e cittadini esteri di origini indiana circolano liberamente nel Paese.
Mumbai (AsiaNews) – Più di 10mila cristiani di diverse denominazioni hanno animato una protesta pacifica ieri a Visakhapatnam ( Andhra Pradesh), contro la “draconiana” politica che regola i visti d’ingresso per i cristiani stranieri. Sull’annosa questione i partecipanti hanno poi presentato un memorandum al primo ministro indiano.
Da molti anni il governo indiano non concede visti a missionari stranieri per compiere un lavoro di pastorale o di evangelizzazione. Il fondamentalismo indù guarda con sospetto la presenza della Chiesa, accusata di fare proselitismo.
Sam Paul, Segretario nazionale dell’All India Christian Council, spiega ad AsiaNews che in più occasioni la polizia ha bloccato importanti incontri della comunità cristiana in Andhra Pradesh per la presenza di cristiani stranieri. Ha poi portato alcuni recenti esempi: dal 16 al 20 novembre a Rajahmundry, distretto di East Godavari e nello stesso periodo a Visakhapatnam; a Kakinada, dal 1 al 2 dicembre e pochi giorni fa (10 - 14 gennaio) a Antarvedipalem.
Un comunicato stampa, diffuso dopo la marcia di ieri, denuncia che “i cristiani stranieri con un visto turistico in Andhra Pradesh sono vittime della politica draconiana dei permessi di ingresso”. La polizia e le agenzie di intelligence, sostenute dai gruppi fondamentalisti indù del Sangh Parivar, usano irrompere in momenti di preghiera o incontri sociali, dove vi sono ospiti dall’estero. “Gli agenti - spiega il comunicato - spesso impediscono il proseguimento di questi appuntamenti dicendo che stranieri con il visto turistico non possono parteciparvi”.
“Queste iniziative - aggiungono gli organizzatori della protesta – violano la Costituzione indiana e i protocolli internazionali: i nostri ospiti non vengono per convertire nessuno, ma semplicemente per partecipare a celebrazioni in quanto fedeli, che non vogliono dimenticare la loro religione solo perché si trovano in India”. Secondo i manifestanti la politica dei visti è una chiara discriminazione contro i cristiani, sebbene colpisca in modo minore anche buddisti da Tibet, Cina e Giappone.
“I sikh da Usa, Pakistan o Afghanistan – conclude il comunicato – possono entrare e muoversi liberamente in India partecipando a momenti religiosi; è la stessa cosa per i cittadini inglesi, europei o americani, ma di origine indiana”.
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