Oltre 100mila in piazza a Taipei contro l’accordo commerciale con la Cina
Taipei (AsiaNews/Agenzie) – Migliaia di dimostranti sono scesi in piazza il 26 giugno a Taipei contro l’Accordo base per la cooperazione economica con la Cina (Ecfa), che sarà firmato domani.
L’indipendentista Partito democratico progressista che ha organizzato la manifestazione parla di oltre 100mila partecipanti, che hanno marciato per il centro città con cartelli con scritto “Salviamo Taiwan” e “Opponiamoci all’Ecfa” e hanno suonato in modo assordante le “vuvuzela” sudafricane. La polizia, che ha schierato oltre duemila poliziotti per timore di disordini, parla invece di 32mila partecipanti.
L’accordo, che sarà firmato domani a Chongqing, introduce forti esenzioni dei dazi per 539 prodotti di Taiwan e per 267 manufatti cinesi, al fine di incrementare gli scambi commerciali e aiutare l’economia dei due Paesi. Il dato è rilevante, se si considera che circa il 40% delle esportazioni taiwanesi è diretto in Cina.
Tra gli oppositori c’è l’ex presidente taiwanese Lee Teng-hui, che ai dimostranti ha detto che “l’Ecfa beneficerà le grandi corporazioni piuttosto che la collettività, il lavoro e i piccoli imprenditori”. L’opposizione dice che l’accordo, per la sua importanza economica e politica, deve venire sottoposto a referendum popolare. In ogni caso dovrà essere ratificato dal parlamento di Taiwan.
Il presidente Ma Ying-jeou, dalla sua elezione nel 2008, si è adoperato per riallacciare i rapporti con Pechino, al contrario dei suoi predecessori che erano accesi indipendentisti. Ma dice che i migliori rapporti sono nell’interesse della nazione e dell’economia. I suoi oppositori ritengono, invece, che la Cina possa assumere il controllo dell’isola in modo progressivo per giungere a una riunificazione. La Cina non ha mai accettato l’indipendenza di Taipei, che considera una provincia ribelle.
Anche molti imprenditori ritengono sospetta l’apparente generosità di Pechino, che con questo accordo concede a Taiwan vantaggi ben maggiori di quanto riceve. Inoltre osservano che l’invasione degli economici prodotti cinesi potrebbe deprimere la produzione locale con ampia perdita di posti di lavoro.