26/09/2008, 00.00
TIBET - INDIA - CINA
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Oltre 1.000 monaci e molti civili tibetani “scomparsi” dopo la repressione di marzo

di Nirmala Carvalho
Arrestati a marzo o semplicemente scomparsi: da allora parenti e amici non sanno nemmeno dove siano, o se sono ancora vivi. Un appello a governi, enti e Nazioni Unite perché non li dimentichino.

New Delhi (AsiaNews) – Più di 1.000 monaci tibetani sono ancora “spariti” nella mani della polizia cinese, dalla repressione del marzo 2008. Il Centro tibetano per diritti umani e democrazia (Tchrd) denuncia che solo di pochi si hanno notizie, mentre per gli altri si ignora persino dove siano.

Da marzo sono scomparsi 80 monaci del monastero Drepung, alla periferia di Lhasa, tra i principali artefici delle proteste. Il governo del Tibet  ha colpito soprattutto i monaci che allora erano in visita nei monasteri, ma provenienti da altre regioni, come le zone di Amdo e Kham, esterne al Tibet. Tra questi Lobsang, proveniente dalla contea di Lhatse (prefettura di Shigatse) che all’epoca era a Drepung: da marzo è scomparso e si ignora dove sia.

I monaci Thabkhey e Tsundue del monastero Labrang, il 7 aprile nella contea Sangchu (o Xiahe Xian) nel Gansu hanno avvicinato il gruppo di giornalisti esteri  che Pechino ha portato nella zona per dimostrare che tutto era normale. Hanno raccontato cosa succedeva davvero. Da allora sono scomparsi. Ai parenti, la polizia risponde che non sono stati arrestati e non ha notizie.

Tchrd denuncia la scomparsa anche di studenti e cittadini. Come Migmar Dhondup, ex studente diplomato nel 1995 proveniente dalla contea Dingri (Shigatse), impiegato a Lhasa come guida turistica, anche lui scomparso da marzo, non si sa nemmeno perché.

Solo di qualcuno degli “scomparsi” si è avuta notizia, dopo mesi di detenzione arbitraria. La monaca Guru, 25 anni, dell’istituto Samtenling a.ka. Atak, nella contea Drango (Sichuan), è scomparsa dopo aver partecipato alle proteste di giugno nella zona. Si è saputo della sua morte solo quando due altre monache detenute, Tsering Tso e Ugyen Lhamo, sono state condannate a 2 anni di carcere.

In questa situazione, Tchrd esprime “profonda preoccupazione per il destino dei tibetani detenuti in modo arbitrario e spariti dalle proteste di marzo” e chiede alla comunità internazionale e al Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite per le Sparizioni forzate e involontarie di insistere con Pechino per avere notizie e perché termini questa crudele pratica che vuole ridurre al silenzio i dissidenti tibetani e le loro famiglie.

La questione tibetana ha infiammato il percorso della torcia olimpica ad aprile e maggio, con proteste di decine di migliaia di persone a Londra, Parigi, San Francisco e altrove. A tutt'oggi appare dimenticata, mentre monaci e dimostranti tibetani rimangono in carcere.

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