Olimpiadi: dopo le proteste la Cina “blinda” le frontiere
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Con l’approssimarsi delle Olimpiadi e la crescita delle contestazioni, la Cina rende più arduo ottenere i permessi d’ingresso nel Paese. Da Hong Kong, sede di molte ditte multinazionali, è sempre stato possibile agli stranieri ottenere permessi-brevi d’ingresso, rilasciati nei posti di controllo doganale. Ma ora sono stati sospesi “per ragioni tecniche” collegate “al nuovo sistema del computer” e, almeno fino ad ottobre, tutti dovranno chiedere il normale visto d’ingresso tramite ambasciata o i prescritti uffici. Sono stati pure aboliti i visti d’ingresso “multipli” (validi per più entrate). Non è un problema per i turisti, ma un grave disagio per chi ha interessi economici che richiedono una presenza frequente e tempestiva.
C’è la volontà di impedire l’entrata di attivisti pro-diritti umani, per timore di proteste durante i Giochi. Ma esperti commentano che la Cina dimostra così quanto tema le proteste pubbliche e il governo dà una prova di debolezza: non appare impossibile individuare, anche alle dogane, chi vuole creare problemi, ma Pechino vuole evitare qualsiasi protesta, anche episodica.
Intanto dopo le manifestazioni di Londra e Parigi al passaggio della torcia, il Comitato olimpico internazionale (Cio) discuterà da domani per 3 giorni se interromperne il viaggio mondiale dela fiaccola. Il presidente Cio Jacques Rogge ha annunciato una decisione per l’11 aprile. Contraddicendo Sun Weide, portavoce del Comitato organizzatore delle Olimpiadi che, dalla “lontana” Pechino, aveva assicurato ai giornalisti che “nessuna forza può fermare il viaggio della torcia dei Giochi di Pechino”.
Sarà importante la tappa a San Francisco, dove domani passa la torcia e sono già state annunciate forti contestazioni. Attivisti pro-Tibet hanno scalato ieri mattina il ponte Golden Gate – simbolo della città per il quale passerà la torcia - per esporre, a 46 metri d’altezza (nela foto) la bandiera del Tibet e due striscioni con scritto “Un mondo un sogno. Tibet libero” e “Tibet libero 08”. Ma il sindaco Gavin Newsom è determinato a far svolgere comunque il percorso, nonostante una dichiarazione dei leader politici cittadini che salutano la torcia con “preoccupazione e protesta”.
A Parigi, nonostante la presenza di oltre 3mila poliziotti, le proteste hanno costretto a fermare la torcia dopo appena 200 metri. E’ stata spenta e fatta salire su un autobus. Lungo i 28 chilometri del percorso ci sono state continue interruzioni, bandiere tibetane o di protesta hanno sventolato da molti edifici comprese la Torre Eiffel e la cattedrale di Notre Dame. Infine la torcia è stata portata in pullman allo stadio Charlety per la cerimonia finale. E’ stata annullata la prevista sosta al municipio, perché sull’edificio erano stati issati striscioni di contestazione “sgraditi” a Pechino.
Sempre ieri Hillary Clinton, candidata alla nomination democratica, ha chiesto al presidente George W. Bush di boicottare la cerimonia d’apertura dei Giochi l’8 agosto, se la Cina non cambia politica sui diritti umani. Bush a marzo, poco dopo l’inizio della repressione in Tibet, ha confermato la sua partecipazione alla cerimonia, motivando che i Giochi sono un fatto a sé stante.