Obama si prepara a colpire la Siria. L'Onu frena
Washington (AsiaNews/Agenzie) - La Commissione esteri del senato Usa ha preparato una risoluzione in cui si approva l'uso della forza contro la Siria, ritenuta colpevole di aver usato armi chimiche. La bozza della risoluzione sarà votata la prossima settimana e fissa un periodo di 60 giorni per l'azione militare, che esclude l'invio di truppe sul suolo siriano.
All'incontro della Commissione sono intervenuti John Kerry, segretario di Stato, e Chuck Hagel, segretario alla Difesa.
Kerry ha affermato che vi sono prove "innegabili" delle responsabilità di Assad sull'attacco chimico del 21 agosto scorso e che era tempo di intervenire per non essere "spettatori di una carneficina". Hagel ha sottolineato che "un rifiuto ad agire minerebbe la credibilità degli Stati Uniti in altri settori della sicurezza, compreso l'impegno del presidente di bloccare l'Iran nell'acquisire armi nucleari".
Secondo analisti, è poco probabile che l'interventismo di Barack Obama sia fermato dal voto parlamentare, ma l'opinione pubblica americana, almeno per il 60%, non è convinta dell'azione militare. Diversi giornali hanno pubblicato una foto (v. sopra) di alcuni anni fa in cui Kerry si intrattenevano con Bashar Assad, al tempo considerato un amico per costruire la pace con Israele e soprattutto per contrastare la politica di George W.Bush.
Sul fronte europeo vi è il presidente francese Francois Hollande, che però ieri ha precisato che se gli Usa non intervengono, la Francia non interverrebbe da sola.
In un incontro coi giornalisti a New York, il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon ha suggerito agli Usa di usare cautela e soprattutto di seguire le regole internazionali. "Ogni cosa - ha detto - dovrebbe essere attuata all'interno del quadro della Carta delle Nazioni Unite. L'uso della forza è legittimo se è attuato per autodifesa, secondo l'articolo 51, o se il Consiglio di Sicurezza approva l'azione".
"Ogni azione punitiva - ha aggiunto - dovrebbe sforzarsi di prevenire ulteriori spargimenti di sangue e facilitare la soluzione politica del conflitto".
Fra gli osservatori si pensa che un'azione militare Usa contro gli impianti siriani per la produzione di armi chimiche produrrebbe anche la morte di molti civili, che abitano nelle vicinanze. In più, come è stato sottolineato dal Pontificio consiglio di Giustizia e pace, un attacco anche breve e mirato rischia di scatenare una guerra regionale e mondiale, se vengono coinvolti Israele e l'Iran.
Il conflitto in Siria ha già fatto oltre 100mila morti, in maggioranza civili, creando più di 2 milioni di rifugiati e quattro milioni di sfollati interni al Paese. Secondo l'Onu questa è la peggior crisi di rifugiati in 20 anni, dopo quella seguita al genocidio in Rwanda nel 1994.