Obama incontra il Dalai Lama, la Cina attacca ma pensa al default
Sebbene il presidente americano abbia ricevuto il leader del buddismo tibetano, il governo cinese teme una rottura seria dei rapporti a pochi giorni dalla fatidica decisione sul debito estero Usa. Toni come al solito infuocati, ma di facciata.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) - L’incontro fra il presidente americano Barack Obama e il Dalai Lama “interferisce negli affari interni della Cina e potrebbe colpire le relazioni bilaterali fra Pechino e Washington”. A due giorni dal colloquio, avvenuto alla Casa Bianca, tutti i canali ufficiali del regime comunista hanno condannato il fatto e minacciato ritorsioni. Ma diversi analisti americani ritengono che non succederà nulla: “E’ un momento troppo delicato per l’economia mondiale. La Cina non può permettersi passi falsi”.
Washington deve infatti ancora trovare una soluzione per evitare il default dell’economia interna: se non trova l’accordo con l’opposizione repubblicana, la Casa Bianca sarà costretta a non pagare per un tempo limitato gli interessi sul debito estero. E la Cina ha oggi in cassa il maggior numero di obbligazioni statali Usa mai concesso a un investitore straniero, più di 1100 miliardi di dollari.
In ogni caso, il regime ha usato la solita propaganda per condannare l’incontro. Per il Quotidiano del Popolo, l’organo di stampa ufficiale del Partito, “i politici americani fanno finta di ignorare gli enormi progressi compiuti dal Tibet sotto la guida comunista”. La televisione di Stato, oltre a condannare, ha mostrato il vice presidente Xi (futuro leader cinese) che atterrava a Lhasa accolto da una folla festosa proprio il giorno prima della visita del Dalai Lama a Washington.
Persino Ma Zhaoxu, focoso portavoce del ministero cinese degli Esteri, ha limitato i toni: “Questo atto ferisce i sentimenti del popolo cinese e danneggia le relazioni sino-americane. Chiediamo agli Stati Uniti di prendere in seria considerazione la posizione cinese e interrompere ogni rapporto con gli indipendentisti tibetani”. Nonostante la rinuncia al ruolo politico, per Pechino il Nobel per la pace tibetano è ancora “un sobillatore”.
Ma diversi esperti americani, forti proprio della questione legata al default, minimizzano l’accaduto. A 9 giorni da un’importante visita di Hillary Clinton a Shenzhen, pianificata da tempo, Jin Canrong - esperto dei rapporti internazionali cinesi presso l’università Renmin di Pechino - spiega: “E’ difficile dire se l’incontro verrà colpito. E’ molto importante per entrambi le parti, dal punto di vista economico”.
Randy Schriver, ex dirigente del Dipartimento di Stato americano, ha ancora meno dubbi: “Non credo ci saranno reali conseguenze, almeno di portata seria. I cinesi hanno un bisogno disperato di una relazione stabile con gli Stati Uniti, quanto meno in questa congiuntura economica”.
Washington deve infatti ancora trovare una soluzione per evitare il default dell’economia interna: se non trova l’accordo con l’opposizione repubblicana, la Casa Bianca sarà costretta a non pagare per un tempo limitato gli interessi sul debito estero. E la Cina ha oggi in cassa il maggior numero di obbligazioni statali Usa mai concesso a un investitore straniero, più di 1100 miliardi di dollari.
In ogni caso, il regime ha usato la solita propaganda per condannare l’incontro. Per il Quotidiano del Popolo, l’organo di stampa ufficiale del Partito, “i politici americani fanno finta di ignorare gli enormi progressi compiuti dal Tibet sotto la guida comunista”. La televisione di Stato, oltre a condannare, ha mostrato il vice presidente Xi (futuro leader cinese) che atterrava a Lhasa accolto da una folla festosa proprio il giorno prima della visita del Dalai Lama a Washington.
Persino Ma Zhaoxu, focoso portavoce del ministero cinese degli Esteri, ha limitato i toni: “Questo atto ferisce i sentimenti del popolo cinese e danneggia le relazioni sino-americane. Chiediamo agli Stati Uniti di prendere in seria considerazione la posizione cinese e interrompere ogni rapporto con gli indipendentisti tibetani”. Nonostante la rinuncia al ruolo politico, per Pechino il Nobel per la pace tibetano è ancora “un sobillatore”.
Ma diversi esperti americani, forti proprio della questione legata al default, minimizzano l’accaduto. A 9 giorni da un’importante visita di Hillary Clinton a Shenzhen, pianificata da tempo, Jin Canrong - esperto dei rapporti internazionali cinesi presso l’università Renmin di Pechino - spiega: “E’ difficile dire se l’incontro verrà colpito. E’ molto importante per entrambi le parti, dal punto di vista economico”.
Randy Schriver, ex dirigente del Dipartimento di Stato americano, ha ancora meno dubbi: “Non credo ci saranno reali conseguenze, almeno di portata seria. I cinesi hanno un bisogno disperato di una relazione stabile con gli Stati Uniti, quanto meno in questa congiuntura economica”.
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