Obama e Karzai condannano insieme le violenze causate dal rogo del Corano
Ma i due uffici presidenziali rilasciano dichiarazioni non coincidenti, a conferma dei contrasti tra Karzai e i suoi alleati occidentali. Continuano le proteste per il rogo del Corano, ma per ragioni “politiche”. Fonti di AsiaNews: chi comanda davvero, cavalca il sentimento contro i soldati stranieri.
Kabul (AsiaNews) – Il presidente Usa Barack Obama e l'afghano Hamid Karzai riuniti ieri in videoconferenza hanno condannato le dimostrazioni violente di questi giorni, conseguenza del falò del Corano compiuto il 20 marzo in Florida (Usa) dal pastore evangelico Wayne Sapp. Peraltro l’incontro ha confermato le crescenti tensioni tra Karzai e i suoi alleati Occidentali. Intanto in Afghanistan proseguono le proteste di piazza, ma in modo pacifico.
Secondo la Casa Bianca i due leader hanno “deplorato la dissacrazione del Corano, condannato con forza l’assalto del 1° aprile a [l’ufficio delle Nazioni Unite] a Mazar-i-Sharif ed espresso profondo dispiacere per la tragica perdita di vite”, come pure hanno “chiarito che attaccare e uccidere persone innocenti è un affronto con la dignità e la decenza umana”.
Il 1° aprile la folla ha assalito gli uffici Onu e ha ucciso 3 funzionari delle Nazioni Unite e 4 soldati nepalesi che li proteggevano. Nei primi violenti giorni il bilancio è stato di almeno 24 morti (tra cui molti cittadini afghani) e decine di feriti.
Tuttavia l’ufficio di Karzai ha rilasciato una differente versione del colloquio e sottolinea che i presidenti hanno parlato della “dissacrazione del Corano da parte del pastore americano e i successivi spiacevoli incidenti avvenuti in Afghanistan”. Viene detto che Obama ha “condannato con forza la dissacrazione del Corano da parte di un pastore americano e ha deplorato gli incidenti nelle proteste a Mazar-i-Sharif e a Kandahar”.
L’episodio conferma le crescente tensioni tra Karzai e i suoi alleati Occidentali. Esperti osservano che i maggiori incidenti per il falò del Corano sono avvenuti proprio in Afghanistan, 8 giorni dopo che Karzai aveva condannato il fatto come “sacrilego e ripugnante”. A luglio la polizia afghana assumerà il pieno controllo della sicurezza in alcune aree, tra cui proprio Mazar-i-Sharif, consentendo l’inizio del ritiro dei 130mila soldati internazionali presenti nel Paese. Il passaggio di consegne sarà completato entro il 2014.
Fonti locali indicano che le proteste dei primi giorni sarebbero state provocate da ambienti politici afghani, per guadagnarsi maggior favore tra una popolazione che vive nella povertà e manca di servizi essenziali, ma è molto religiosa e rispettosa dell’Islam.
Dopo la violenza dei primi giorni, le proteste sono state pacifiche e hanno assunto una connotazione politica. Oggi a Kabul circa 300 afghani hanno manifestato in modo pacifico, di fronte alla moschea Eid Gah subito dopo la preghiera del mattino. Per un’ora, sotto gli occhi della polizia, hanno gridato slogan e mostrato cartelli (nella foto) come “uccidi, uccidi l’America” e “il Corano è la nostra legge”.
Anche nei giorni scorsi ci sono state proteste non violente, a Qalat nella provincia di Zabul, nella provincia di Nimroz e altrove. Una donna a Kabul è morta in un incidente automobilistico che ha coinvolto un convoglio militare Nato, dopo una dimostrazione con lancio di pietre contro le forze internazionali.
“Chi comanda davvero – dice una fonte di AsiaNews – ha interesse a queste proteste, a un atteggiamento antioccidentale diffuso. Il popolo non ha simpatia per la presenza militare occidentale. Chi comanda asseconda questa tendenza, anche se è rischioso perché i talebani potrebbero trarne vantaggio. L’Occidente a sua volta non reagisce, si limita a condannare le violenze, ma non ne cerca le reali cause”.
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