Nuovo vescovo di Pune: Una Chiesa missionaria per i poveri e le religioni
di Nirmala Carvalho
Mons. Dabre ha fatto il suo ingresso nella nuova diocesi il 7 giugno. Tra le priorità il dialogo tra le religioni e le culture, l’aiuto ai poveri e l’attenzione ai giovani. La Chiesa è chiamata a “rispondere alle domande del nostro tempo”. Sacerdoti e laici devono “comprendere la reale natura della nostra fede”.
Pune (AsiaNews) - Promuovere il dialogo tra religioni e culture, sostenere le opere educative e di aiuto ai poveri, ma soprattutto aiutare sacerdoti e laici a “comprendere la reale natura della nostra fede”. Sono questi i cardini su cui mons. Thomas Dabre (nella foto) vuole costruire la sua missione come nuovo vescovo di Pune.
Ieri, alla cerimonia di insediamento nella cattedrale di S. Patrizio, erano presenti il card. Oswald Gracias, arcivescovo di Mumbai, insieme ad altri quattro arcivescovi e sei vescovi. Tra i fedeli anche alcune migliaia di laici della diocesi di Vasai.
Interpellato da AsiaNews, mons. Dabre afferma: “Mi sento onorato di essere vescovo di Pune, una diocesi che ha una grande tradizione culturale e ha dato un contributo importante per la storia dell’India moderna”.
La città, situata nello Stato del Maharashtra, 150 km a est di Mumbai, ospita lo Jnana Deep Vidyapeeth (Jdv), il Pontificio istituto di filosofia e religione in cui vengono formati sacerdoti e religiosi di tutto il Paese. Lo stesso mons. Dabre è stato studente e poi docente dello Jdv e sente molto l’importanza del compito che l’istituto è chiamato a svolgere per la Chiesa in India.
“Tutte le nostre istituzioni accademiche - afferma il vescovo - non devono essere delle isole, ma devono aprirsi alla società. Per questo incoraggio studenti e docenti [dello Jdv] a imparare ed insegnare per rispondere alle domande del nostro tempo” che vengono “dalla globalizzazione e dai bisogni della realtà che ci sta attorno”.
Membro del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, il vescovo di Pune riconosce che “molti dei conflitti odierni nascono da tensioni religiose scaturite da incomprensioni e disinformazione che danno vita a fenomeni di intolleranza, violenza e fondamentalismo”. Per questo egli afferma che “il dialogo interreligioso e l’inculturazione sono urgenti bisogni per l’India di oggi ed una priorità pastorale per la Chiesa, soprattutto davanti alle ondate di violenza anti-cristiane in diverse regioni del Paese”.
“Costruire ponti di comprensione e tolleranza tra le diverse comunità religiose” è uno dei compiti principali che mons. Dabre affida allo Jdv e ai fedeli della sua diocesi. Il vescovo pensa soprattutto ai giovani, che considera “agenti del cambiamento” e per i quali immagina “una proposta educativa che comprenda la dimensione interreligiosa in tutti gli aspetti della loro formazione”.
Per mons. Dabre “il dialogo non è solo una parola” e proprio la diocesi di Pune “con il suo ricco patrimonio culturale può diventare ancora una volta un importante centro di riforma sociale e religiosa nel Paese”.
Tra le priorità c’è anche l’aiuto ai poveri e alle fasce più deboli della società. “Larga parte della popolazione della diocesi vive in aree rurali - afferma mons. Dabre - e la Chiesa svolge un importante compito a favore del loro sviluppo ed inclusione nella società. Le nostre scuole sono aperte a ragazzi di ogni credo e ognuno delle opere educative della Chiesa è impegnata per permettere agli emarginati e ai più poveri di vivere una vita degna senza discriminazioni”.
Sacerdoti e laici sono gli attori di questo impegno nel dialogo interreligioso e culturale oltre che nelle opere di carità ed educazione. Mons. Dabre sente la necessità di una “missione tra i sacerdoti, un percorso di formazione permanente che li aiuti a comprendere la reale natura della nostra fede”. Per il vescovo l’anno dedicato ai sacerdoti indetto da Benedetto XVI è “un dono incredibile perché purtroppo oggi ci sono molti malintesi all’interno e all’esterno della Chiesa”. Laici e sacerdoti devono perciò essere aiutati ad “apprezzare la fede, mare la fede e comunicarla al nostro popolo. Perché solo così assisteremo alla trasformazione delle famiglie, della società e della nostra stessa diocesi”.
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