Nuovi arresti contro la Marcia di ritorno in Tibet
di Nirmala Carvalho
Il governo indiano ha fermato 19 tibetani senza alcuna accusa formale, mentre i loro compagni dichiarano di voler continuare la Marcia e chiedono la loro scarcerazione immediata.
Nainital (AsiaNews) – Il governo dello Stato settentrionale dell’Uttaranchal ha arrestato lo scorso 22 maggio un gruppo composto da 19 tibetani, impegnati nella “Marcia di ritorno a casa”, e li ha chiusi in galera senza alcuna accusa formale. Ad oggi sono ancora detenuti, mentre i loro compagni di marcia dichiarano di voler continuare il loro viaggio di solidarietà e denuncia della repressione cinese in Tibet.
Tsewang Rigzin, presidente del Tibetan Youth Congress, dice ad AsiaNews: “Noi marciamo per dimostrare sostegno e solidarietà ai nostri fratelli e sorelle, che vivono in una regione invasa dalla Cina. Dobbiamo continuare a ricordare al mondo che i tibetani affrontano omicidi, violenze, detenzioni arbitrarie e sparizioni, un’opprimente presenza militare ed un clima di terrore. Tutti fattori che nascono dall’occupazione cinese”.
B. Tsering, presidente dell’Associazione delle donne tibetane, racconta: “Il 22 maggio, oltre 50 agenti ci hanno fermato per arrestare i marciatori, ancora in galera. La polizia ci ha detto di averli inviati al giudizio del governo centrale indiano. Noi chiediamo il loro immediato rilascio, in modo che possano riprendere la loro marcia pacifica”.
La Cina considera la Marcia di ritorno una grave provocazione. I marciatori cercheranno di arrivare in Tibet, a piedi, in concomitanza con l’inizio delle Olimpiadi. I governi indiani e nepalesi hanno espresso il loro disappunto nei confronti dei tibetani residenti sul loro suolo, e li hanno avvertiti che “non saranno tollerati atti anti-cinesi”.
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