Nuove violenze a Bishkek, ma non pare a rischio il voto di domenica
Bishkek (AsiaNews/Agenzie) – Ieri a Bishkek alcune decine di persone hanno devastato il quartier generale del partito Ata-Jurt, nazionalista di opposizione. Se la protesta rimane circoscritta, non appare comunque in pericolo il voto parlamentare fissato per il 10 ottobre.
I facinorosi hanno fatto irruzione nella sede, spaccando mobili e computer e bruciando documenti e materiale per la campagna elettorale. Molto materiale è stato ammucchiato per strada e incendiato (nella foto).Pare che l’attacco sia stato provocato dalla recente dichiarazione del leader del partito di voler ripristinare il potere del presidente in esilio Kurmanbek Bakiyev, rovesciato dalla sollevazione popolare dello scorso aprile. Peraltro la dirigenza del partito nega tale dichiarazione, che dice inventata dai media, e accusa la polizia di avere assistito all’aggressione, durata ore, senza intervenire.
Lo Ata-Jurt è al terzo posto nei sondaggi elettorali.
Esperti ritengono la situazione molto pericolosa, col rischio che esploda di nuovo in piazza il conflitto latente tra sostenitori del precedente regime e fautori della nuova leadership.
Se non ci saranno altre violenze, non sembrano comunque in pericolo le elezioni parlamentari del 10 ottobre. I 2,8 milioni di elettori assegneranno 120 seggi contesi tra 29 partiti. I voti saranno per i partiti, non per singoli candidati. L’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa manderà centinaia di osservatori per verificare la regolarità del voto.
Il governo di transizione, guidato dal premier Roza Otunbayeva, vuole legittimare la cacciata di Bakiyev e la sua presa di potere e prevenire nuove violenze come quelle esplose a giugno nel sud, che hanno causato oltre 400 morti ufficiali e centinaia di migliaia di profughi.Preoccupazioni ci sono anche per il dopo-voto, il cui esito potrebbe non essere accettato da chi risulterà perdente. Il pericolo è che la protesta esploda di nuovo in provincia e che si creino sacche indipendentiste, magari sostenute da frange terroriste islamiche, molto attive in alcune zone di confine.
Dopo il voto, il governo ha già annunciato la volontà di creare la prima democrazia parlamentare dell’Asia Centrale, con maggior potere al premier rispetto al presidente, progetto sostenuto da Washington. Tra i leader del governo si profila uno scontro tra Omuerbek Tekebayev, ideatore delle riforme costituzionali che hanno portato all’attuale voto, e Almazbek Atambayev, già vice della Otunbayeva.
Stati Uniti e Russia hanno entrambi basi militari aeree nel Paese e seguono con attenzione la situazione. La Russia è accreditata sostenere Felix Kulov, già primo ministro sotto Bakiyev, che di recente è stato a Mosca e ha incontrato il presidente russo Dmitry Madvedev. Il suo partito è contrario alle riforme democratiche desiderate dagli Usa e spiega che servirebbero solo a favorire interessi di parte e infiltrazioni di frange estremiste. Anche Atambayev è stato a Mosca e si è incontrato con i leader russi.
Una grossa incognita è il voto nel sud, dove molti etnici uzbeki rimproverano al governo (ma anche a Russia e Stati Uniti) di averli abbandonati a giugno alla violenza degli etnici kirghisi e dicono che solo gruppi islamici sono intervenuti in loro aiuto.
Il Kirghizistan, solo 5,3 milioni di abitanti, ha una posizione strategica nell’Asia Centrale, in mezzo a Stati ricchi di risorse e al centro di conflitti, al confine tra Russia, Cina, Afghanistan e Iran.
23/07/2009
01/12/2021 08:57