15/11/2024, 11.16
SIRIA - VATICANO
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Nunzio a Damasco: p. Dall’Oglio ‘voce coraggiosa’ di dialogo nella Siria dimenticata

di Dario Salvi

A settant'anni dalla sua nascita il card. Zenari ricorda il fondatore di Mar Musa, ancora oggi la sua “eredità più viva”. Al tema degli scomparsi si sommano il dramma di sfollati e rifugiati, la guerra in corso e le devastazioni del sisma. I raid israeliani, sempre più frequenti, hanno tagliato il collegamento col Libano che rappresenta “un cordone ombelicale”. Papa Francesco e i martiri di Damasco “boccata di ossigeno”. 

Roma (AsiaNews) - “Oltre al ricordo, di lui resta un monastero [di Mar Musa] che ha fatto rivivere dalle rovine, che ha restaurato con grande capacità e competenza. E poi questa comunità da lui fondata: anche se ridotta di numero, continua nel suo spirito volto al dialogo interreligioso ed è ancora oggi una meta sulla montagna che attrae [pellegrini e fedeli]: questa è l’eredità più viva e anche la più simbolica che ha lasciato”. È quanto sottolinea ad AsiaNews il card Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria, a oltre 11 anni dalla sparizione misteriosa del sacerdote gesuita romano p. Paolo Dall’Oglio che il prossimo 17 novembre avrebbe compiuto 70 anni. Nato a Roma nel 1954, alle spalle anni di missione nel Paese arabo, egli è scomparso il 29 luglio 2013 e di lui non si sono più avute notizie certe, sebbene in passato si siano moltiplicate voci sulla sua condizione anche se nessuna di queste si è mai rivelata attendibile. “Manca la sua voce coraggiosa - aggiunge il porporato - che probabilmente dava fastidio a qualcuno”. 

“Alcuni erano d’accordo con lui, altri meno, comunque è stata una personalità molto influente” racconta il card Zenari ripercorrendo la missione in Siria del gesuita romano, in anni drammatici caratterizzati da guerra e violenze jihadiste. “Tuttavia, a partire dal monastero ha lasciato una eredità molto bella e simbolica” che resta viva come il suo ricordo e il tentativo di far luce sulla sua sorte e quella di molti altri in Siria, cristiani e non. Del resto il tema delle persone “scomparse” è stato più volte rilanciato dalla Chiesa, mentre nel giugno dello scorso anno l’Assemblea generale Onu ha approvato la creazione di un “organismo indipendente”. L’obiettivo, incompiuto, era di “far luce” sulle 100mila (o più) persone sparite durante gli anni più bui e violenti del conflitto. 

Fra queste p. Dall’Oglio, il gesuita romano e fondatore della comunità di Deir Mar Musa al-Habashio, nel nord, a circa 80 chilometri da Damasco, le cui ultime tracce conducevano a Raqqa, all’epoca roccaforte del “Califfato” in Siria. Figura carismatica del dialogo islamo-cristiano, il religioso è scomparso nella notte tra il 28 e il 29 luglio del 2013 dopo essere penetrato nel quartier generale dell’Isis per un confronto e per perorare la liberazione di diversi ostaggi - anche cristiani - in mano jihadista. Al gesuita romano si aggiungono i due vescovi di Aleppo: il siro-ortodosso mons. Yohanna Ibrahim e il greco-ortodosso mons. Boulos Yaziji, di cui non si hanno notizie dal 22 aprile 2013, rapiti nella località di Kafr Dael. Secondo alcuni testimoni trattavano la liberazione di p. Michel Kayyal e p. Maher Mahfouz, sequestrati nel febbraio dello stesso anno. Giunti a un posto di blocco, l’auto è stata affiancata da uomini armati che hanno sparato uccidendo l’autista.

“In questi 11 anni - ricorda il nunzio a Damasco - si è cercato di seguire tutte le piste, almeno quelle che davano maggiori garanzie, ma sinora non si è arrivati a nessuna verità. E ogni anno che passa - riconosce - mette sempre più a dura prova la speranza” per lui, come per “i due metropoliti di Aleppo scomparsi qualche mese prima, insieme ai sacerdoti e ai tanti cristiani in un quadro triste perché rappresentano un altro dramma legato alla guerra”. 

Rapimenti anomali, cui non sono seguite rivendicazioni né trattative per il rilascio e che si inseriscono nel novero degli eventi che hanno contraddistinto la fase più sanguinosa della guerra, con gruppi jihadisti sul territorio ad incendiare la situazione. Nel decennale della scomparsa, il 22 aprile 2013, la Chiesa siriana ha istituito una “giornata ecumenica” per gli scomparsi, rilanciando un tema sensibile nella speranza - vana - di avere notizie sulla loro sorte. In occasione del 70mo compleanno di p. Dall’Oglio a Roma sarà proiettato un documentario che racconta la storia del fondatore di Mar Musa, uomo improntato al dialogo e all’ascolto. Di come continua in Siria il cammino tracciato da p. Dall'Oglio ha parlato recentemente in un incontro organizzato al Centro Pime di Milano p. Jihad Youssef, che ne ha raccolto l’eredità alla guida della comunità monastica siriana (clicca qui per vedere il filmato integrale) rilanciando un messaggio di incontro e testimonianza attuale ancora oggi.

Intanto la situazione in Siria resta drammatica, anche se le cronache internazionali hanno spostato ormai le attenzioni su Gaza e il Libano. “Vi è il dramma degli sfollati interni, circa sette milioni, che si sommano ai rifugiati nei Paesi circostanti, circa sei milioni, per un totale fra sfollati e rifugiati di 13 milioni, un numero impressionante” sottolinea il card Zenari, che portano la Siria a “detenere questo triste primato”. “Molti di questi sfollati lo sono più volte - prosegue - perché si spostano da una località bombardata ad un’altra, con problemi enormi per trovare un alloggio” soprattutto per quanti erano espatriati in Libano e ora fanno ritorno. “Secondo le agenzie Onu - racconta il porporato - il 70% di questi 530mila sono siriani, il rimanente 30% libanesi o di altre nazionalità, una tragedia nella tragedia. Vi sono poi le conseguenze irrisolte del terremoto [del febbraio 2023 fra Siria e Turchia], la guerra iniziata 14 anni fa e non ancora terminata. Di notte, e di giorno, ci svegliamo o sentiamo i raid israeliani sempre più frequenti qui a Damasco, come in altre località della Siria, perché hanno colpito anche le principali vie di accesso al Libano, che per noi rappresentavano un cordone ombelicale per prendere aerei o viaggiare”. 

Un altro elemento di criticità è rappresentato dai “sei eserciti stranieri operanti in Siria” osserva il nunzio, anche se finora “si sono tenuti lontani dal mescolarsi nel conflitto. Certo - aggiunge - tenere a bada sei eserciti stranieri si può immaginare quanto sia difficile per un governo, soprattutto quello siriano, che è piuttosto debole”. Da qui la scelta di molti, ancora oggi, soprattutto fra i giovani, di migrare all’estero. “Abbiamo avuto un esodo dei cristiani - racconta - con i due terzi circa che sono partiti o stanno partendo in queste settimane, e sono soprattutto giovani”. In un quadro dalle tinte fosche, il porporato conclude sottolineando un elemento di gioia: “La proclamazione degli 11 santi martiri di Damasco del 1860 fatta da papa Francesco. In quella circostanza furono uccisi circa 3mila cristiani assieme a questi 11, di cui otto religiosi francescani e tre fratelli laici maroniti. Essi rappresentano una schiarita, una boccata di ossigeno in mezzo a questo grigiore, in particolare - conclude - per la Chiesa. Spero che la loro storia, e il ricordo, abbia rotto questa cortina di silenzio e di dimenticanza attorno alla Siria, proprio loro che hanno testimoniato col sangue la fedeltà”.

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