Nord Corea, dissidenti politici rischiano la pena di morte
Seoul (AsiaNews/Agenzie) Nel tentativo di contrastare l'aumento dei dissidenti politici, la Corea del Nord inasprisce il codice criminale e impone perfino la pena di morte per i crimini di Stato. Lo hanno riferito fonti dei servizi segreti sudcoreani.
L'inasprimento delle pene, introdotte in aprile, prevede l'ergastolo o l'esecuzione capitale per chi partecipa a rivolte armate contro il regime. In precedenza chi prendeva parte ad una manifestazione di rivolta era condannato a 10 anni di lavori forzati.
Secondo analisti a Seoul, l'aumento di chi ha il coraggio di ribellarsi e il conseguente inasprimento delle pene sarebbero legati alle riforme economiche introdotte negli ultimi 2 anni in Corea del Nord. La graduale eliminazione del sistema delle razioni alimentari e l'introduzione dei prezzi di mercato hanno costretto milioni di nordcoreani a sopravvivere con difficoltà, senza l'assistenza statale alla qual erano abituati. Questo, secondo gli analisti, ha provocato nella gente un "ripensamento" del ruolo dello Stato, "riducendo" la fedeltà verso il partito comunista.
A causa delle riforme economiche, è in aumento anche il numero di nordcoreani che sconfinano in Cina alla ricerca di cibo. Riconoscendo questo dato, il governo ha diminuito da 3 a 2 anni la pena per chi lascia il paese per "motivi economici", mentre i profughi accusati di tradire la patria andando all'estero per "ragioni politiche", rischiano più di 5 anni di detenzione.
L'inasprimento delle pene per i crimini di Stato è l'ultima delle voci che giungono da Pyongyang e che fanno intuire probabili incertezze e instabilità politiche nel paese. Molti testimoni riferiscono di un re-styling nel culto della personalità di Kim Jong Il. I media di Stato hanno eliminato titoli retorici; nei luoghi pubblici frequentati da stranieri non si vedono più i ritratti del "caro leader" e chi viaggia verso la Cina ha smesso di indossare il distintivo raffigurante Kim Jong Il.