Non voleva rubare, ma intimidire il giovane turco che ha aggredito i frati
In un incontro con i giornalisti, i frati di Mersin affermano di non credere al gesto di un isolato, ma alla macchinazione di un gruppo organizzato, che vuole allontanare i fedeli dalla Chiesa.
Mersin (AsiaNews) Non era un ladro il giovane che ha "aggredito la chiesa di Mersin", in Turchia. La sua azione rientra invece in una campagna di intimidazioni e violenze della quale sono vittime i cristiani di Turchia, che ha lo scopo di allontanare i fedeli. E' quanto hanno sostenuto oggi pomeriggio i frati della parrocchia di Mersin nel corso di un incontro con una ventina di giornalisti.
"Abbiamo presentato racconta ad AsiaNews padre Hanri Leylek, il frate che ha vissuto la vicenda - un documento sull'aggressione alla chiesa, nel quale si sostiene che il giovane non è venuto per rubare, ma per creare terrore e si chiede alla polizia di indagare sui motivi dell'aumento di questi attacchi alla Chiesa e ai luoghi cristiani. Non si tratta sottolinea - di gesti di pazzi solitari, ma atti di un'organizzazione che vuole spaventare i fedeli per farli allontanare dalla Chiesa. Qui ci sono ragazzi che da due giorni non vengono a scuola e famiglie preoccupate. Si mira all'intimidazione del diverso, ma i cristiani non sono diversi, non vengono da fuori, sono turchi essi stessi".
Con la città, invece, "non c'è alcun problema: qui c'è amore tra cristiani e musulmani, abbiamo avuto tanta solidarietà in occasione dell'uccisione di don Andrea e di altri episodi dei quali siamo stati vittime; anche la polizia, quando viene chiamata, arriva rapidamente, in 3 o 4 minuti. Il fatto è che i cristiani non sono un corpo estraneo alla popolazione, non sono persone venute da fuori, sono figli di questa terra e tutti lavorano per il bene della nazione, che è il loro stesso bene. Anche la nostra chiesa è stata costruita 150 anni fa".
I giornalisti, racconta ancora padre Leylek "ci hanno chiesto se crediamo ad un collegamento con la vicende delle vignette. Abbiamo detto che non crediamo, perché gli attacchi ai cattolici in Turchia sono cominciati prima. Da tempo, ad esempio, ci sono programmi televisivi ed articoli di giornale che ci prendono di mira, che sottolineando ciò che divide e non ciò che unisce, pongono l'accento sulle diversità e sull'odio invece che sull'amore".
Quanto ai resoconti dell'aggressione dati da alcuni media, "i giornalisti hanno spiegato di aver riportato la frase del giovane 'qui fanno sesso, non è un luogo di culto', ma noi abbiamo obiettato che avrebbero dovuto sentire la versione delle altre parti e della polizia". Che sostiene di aver dovuto rilasciare il giovane perché così prescrive la legge, in quanto i reati dei quali può essere accusato prevedono una pena inferiore ai due anni. (FP)