18/10/2011, 00.00
TIBET - CINA
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Ngaba, ancora un suicido: una monaca si dà fuoco per la libertà

Tenzin Wagmo, 20 anni, si è auto-immolata con il fuoco per chiedere la libertà per il Tibet e il ritorno del Dalai Lama. E' la nona persona dallo scorso marzo che decide per il suicidio.
Lhasa (AsiaNews) – Nonostante il ferreo controllo e la repressione cinese, la città tibetana di Ngaba si conferma l’epicentro della rivolta tibetana anti-cinese: una monaca buddista di 20 anni, Tenzin Wagmo, si è infatti auto-immolata con il fuoco per chiedere la libertà per il Tibet e il ritorno del Dalai Lama. La conferma del suo sacrificio viene dalla sede in esilio del monastero (maschile) di Kirti (nella foto) da cui provengono gli altri religiosi martiri.

Tenzin è la nona persona che si immola dal marzo scorso, ma è la prima donna a compiere questo gesto. Nel solo mese di ottobre gli episodi di questo tipo sono stati cinque: tutti monaci maschi provenienti dal monastero di Kirti, che ha una sede anche a Dharamsala. Qui vivono il Dalai Lama e il governo tibetano in esilio.

Fonti proprio del governo in esilio in India hanno reso noto che la religiosa si è data fuoco nei pressi del suo monastero, il Mamae Dechen Choekhorling Nunnery, a circa tre chilometri dalla città di Ngaba, nella provincia sud occidentale del Sichuan. Nel comunicato si dice che la donna, avvolta dalle fiamme, ha camminato per strada per circa otto minuti cantando e urlando slogan anticinesi e in favore del Tibet libero e del ritorno del Dalai Lama. Il suo corpo, nonostante il divieto degli agenti, è stato portato nel monastero, dove è stato vegliato dalle altre suore.

Al momento è altissima la tensione intorno al monastero femminile di Mamae, il più grande della zona, con oltre 350 suore. Per domani, il governo tibetano in esilio in India e il Dalai Lama hanno organizzato una veglia di preghiera e digiuno per i tibetani che si sono immolati. Una fonte buddista ricorda però ad AsiaNews che “la pratica del suicidio è proibita del buddismo. Questi ragazzi sono bravi giovani, molto colpiti dal dominio cinese. Ma questo non toglie che il loro sia un atto non consentito dai nostri insegnamenti”.
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