Netanyahu non cede sugli insediamenti, resta teso il clima tra Usa e Israele
di Joshua Lapide
Colloquio in due tempi ieri alla Casa Bianca. Nessun comunicato. “Buona atmosfera” secondo gli israeliani. Per il Washington Post si vedono i limiti degli americani di influire su Israele. Netanyahu sembra aver ottenuto che la questione palestinese passi in secondo piano rispetto a quella iraniana.
Gerusalemme (AsiaNews) - L’impressione è che, alla fine, l’abbia spuntata il primo ministro israeliano Banjamin Netayahu. Nella sua visita negli Stati Uniti, culminata, ieri sera, con un doppio incontro col presidente Barack Obama, non ha ceduto sulla questione degli insediamenti, all’origine della attuale tensione tra i due alleati. Perfino nella visita al Congresso, riferendosi alla richiesta palestinese di un congelamento di tutti gli insediamenti nei territori occupati, ha detto: “non possiamo farci intrappolare da domande illogiche e irragionevoli. Questo potrebbe bloccare i negoziati per un altro anno”. E proprio ieri il suo governo ha approvato la realizzazione di 20 nuove abitazioni a Gerusalemme est.
Gli americani non hanno mancato di mostrare irritazione: i giornalisti, e persino i fotografi, sono stati esclusi dagli incontri di Netanyahu con il segretario di Stato Hillary Clinton e con Obama. Alla Casa Bianca, inoltre, c’è stato un andamento del tutto insolito, con un primo colloquio, di fatto sospeso per permettere al premier israeliano una consultazione con i suoi collaboratori e poi un secondo incontro. In proposito, il Jerusalem Post parla di “un inusuale doppio incontro di basso profilo che, secondo l’ufficio di Netanyahu, si è svolto ‘in una buona atmosfera’”.
E’, in pratica, l’unico commento ufficiale, perché sui contenuti degli incontri entrambe le parti hanno mantenuto il silenzio. Nessun comunicato. L’israeliano Haaretz cita una fonte americana, secondo la quale Obama e la Clinton hanno voluto "testare" Netanyahu e verificare se egli sia disponibile a fare gesti di buona volontà nei confronti dei palestinesi. Lo stesso quotidiano indica una fonte israeliana per dire che gli americani sono rimasti “insoddisfatti” da una lettera consegnata dal premier, nella quale egli ha indicato i passi che è disposto a compiere per recuperare la fiducia degli americani.
Analizzando la visita, il Washington Post, in un editoriale, sostiene che “la disputa di due settimane tra Israele e Stati Uniti ha mostrato i limiti del potere americano di fare pressione sui leader di Israele a prendere decisioni che essi considerano insostenibili. Ma il contrasto ha mostrato anche che i rapporti tra i due alleati stanno cambiando, in modi che sono insostenibili per i sostenitori di Israele”.
All’inizio del viaggio di Netanyahu, da più parti si ritneva che il suo obiettivo era di mettere in secondo piano a questione palestinese, per concentrare l’attenzione sulla “minaccia iraniana”, con la possibilità di una opzione militare per risolverla. Punto, quest’ultimo, sul quale gli Stati Uniti di Obama non sono, al momento, d’accordo. L’idea di un raid militare contro le centrali atomiche di Teheran, anzi, preocupa non poco Washington per le prevedibili rappresaglie, che avrebbero come primi obiettivi gli interessi, e i militari, Usa in Iraq e Afghanistan.
E tutto sembra indicare che Netanyahu ha messo sul tavolo l’opzione di non fermare gli inssediamenti, almeno a Gerusalemme, per fermare i suoi bombardieri.
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