Nessun limite di tempo per i processi sulle manifestazioni a Hong Kong del 2019
A cinque anni ormai dalle proteste pro-democrazia su 10.279 persone arrestate solo il 28,8% sono state rinviate a giudizio. Ma per il segretario alla Giustizia Chris Tang "bisogna dare tempo alle autorità di raccogliere le prove". Respinta la richiesta di Chow Hang-tung di chiamare a testimoniare in video al processo persone che vivono all'estero.
Hong Kong (AsiaNews) - Non c'è un limite di tempo per processare le oltre 7.000 persone arrestate in relazione alle proteste del 2019 a Hong Kong per le quali non è stata ancora formulata un’incriminazione. A sostenerlo è il segretario per la Sicurezza del governo locale Chris Tang, secondo cui non sarebbe ingiusto aspettare il processo per più di cinque anni perché le autorità hanno bisogno di tempo per raccogliere le prove. Questa presa di posizione è arrivata arrivate dopo che il segretario alla Giustizia Paul Lam aveva già dichiarato nei giorni scorsi al quotidiano Sing Tao che a Hong Kong non esiste una prescrizione per i casi penali.
Dal 9 giugno 2019 - quando gli hongkonghesi scesero in piazza per opporsi a una proposta di emendamento a una legge sull'estradizione che avrebbe permesso di inviare in Cina i sospetti criminali - fino al marzo di quest'anno, sono state arrestate 10.279 persone in relazione alle proteste. A fornire il dato a giugno è stata la polizia stessa, rispondendo a un’interpellanza formulata dal sito Hong Kong Free Press: di questi arrestati 7.537 erano di sesso maschile e 2.742 di sesso femminile. L'età variava dagli 11 agli 87 anni, con 1.754 minori di 18 anni.
Al 31 marzo, un totale di 2.961 persone - solo il 28,8% degli arrestati - aveva “subito o aveva in corso un procedimento giudiziario”, cioè i loro casi erano stati esaminati dai tribunali o c’era un processo già fissato. Parlando con alcuni giornalisti, Tam ha respinto la proposta di fissare una scadenza per l'incriminazione degli arrestati in relazione alle proteste del 2019, affermando che sarebbe una misura “contraria al principio dello stato di diritto”.
Le proteste scoppiate nel giugno 2019 a causa del disegno di legge sull'estradizione, poi rimosso, si erano trasformate in manifestazioni di dissenso a volte violente contro il comportamento della polizia, tra appelli alla democrazia e rabbia per il giro di vite imposto da Pechino. I manifestanti avevano chiesto un'indagine indipendente sulla condotta della polizia, l'amnistia per le persone arrestate e la cessazione della classificazione delle proteste come “disordini”.
A Hong Kong, i termini per perseguire i reati sommari, che sono di natura meno grave e riguardano casi come l’abbandono di rifiuti e la guida imprudente, sono generalmente fissati entro i sei mesi dalla data dei fatti. Per i reati più gravi, invece, non esiste un termine stabilito per l'avvio dell'azione penale.
Nel frattempo ieri in uno dei più importanti sulle proteste pro-democrazia che dovrebbe iniziare a maggio - quello contro gli organizzatori delle veglie del 4 giugno, in memoria della strade di piazza Tianamen - un tribunale di Hong Kong ha negato all'attivista Chow Hang-tung la possibilità di ascoltare a distanza dall'estero alcuni testimoni indicati dalla difesa. La deposizione in streaming è una procedura ordinariamente adottatata nelle corti locali, ma in questo caso è stata esclusa perché giudicata inammissibile ai sensi della legge sulla sicurezza nazionale. Chow ha detto alla corte che intendeva convocare cinque persone per testimoniare: Il professore americano di scienze politiche Larry Diamond; l'artista che ha realizzato una famosa statua della repressione di Tiananmen, Jens Galshiot; e gli attivisti cinesi Fang Zheng, Zhou Fengsuo e Wu'erkaixi. Ad eccezione di Diamond, a tutti era già stato negato l'ingresso a Hong Kong in precedenza.
Foto: Flickr / Studio Incendo
21/03/2024 16:27