02/02/2006, 00.00
NEPAL
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Nepal: giornalisti e manifestanti picchiati e arrestati dalla polizia

di Prakash Dubey

Stavano protestando in occasione del primo anniversario del colpo di stato di re Gyanendra. Il 1° febbraio, giorno in cui il re ha delegittimato i rappresentanti del popolo e  preso il potere assoluto, è stato definito "il giorno nero".

Kathmandu (AsiaNews) - Ieri le forze di polizia nepalesi hanno picchiato ed arrestato in tutta la nazione centinaia di giornalisti, uomini politici ed attivisti per i diritti umani che manifestavano in ricorrenza del primo anniversario del colpo di stato del re Gyanendra. I manifestanti hanno definito il 1° febbraio dello scorso anno come "il giorno nero": in quella occasione il re indù ha fatto arrestare i rappresentanti eletti dal popolo, ha limitato la libertà di stampa ed ha concentrato nelle sue mani tutti i poteri.

Anil Gupta, un fotoreporter, ha dichiarato ad AsiaNews che il 1° febbraio è sul serio il giorno più nero della storia del Nepal: "Abbiamo la monarchia da molti secoli, ma nessun re si è comportato come Gyanendra. Con questo atteggiamento, se continuerà a muovere l'esercito contro persone inermi come giornalisti e manifestanti per la promozione dei diritti umani, decreterà la condanna a morte della monarchia". Il giornalista ha chiarito che i media nepalesi non sono mai stati avversi alla monarchia costituzionale. L'unica loro preoccupazione, continua, era evitare che la libertà di stampa "fosse messa in catene". Gupta ha detto che il popolo ha accettato in un primo momento il colpo di stato poiché sperava che potesse contenere la violenza dei gruppi maoisti, "ma l'attacco alla libertà della stampa ha chiarito che in realtà il re vuole solo il potere assoluto". "Quando il popolo ha capito a cosa si trovava di fronte – continua – si è rovesciato in modo spontaneo per le strade e ha tentato di opporsi al governo autoritario e al potere militare. Il re farebbe meglio a leggere cosa viene scritto sui muri, e dovrebbe cedere il potere prima che lui e la sua famiglia siano costretti ad andare per sempre in esilio".

Re Gyanendra però non sembra interessarsi alle scritte: dai suoi atteggiamenti non si rilevano segnali della volontà di cedere il potere politico ai partiti nel futuro prossimo. Ieri, dopo un anno di potere assoluto, ha dichiarato che ha deciso di prendere il potere "per restaurare la legge e l'ordine e promuovere un sistema di governo democratico e multipartitico in linea con i bisogni del Paese e le aspirazioni della gente". Si è vantato che in questo periodo di tempo "il popolo ha potuto vivere l'esperienza della crescita nazionale e del rispetto reciproco, e le nuvole del pessimismo sono ormai scomparse". Ha aggiunto che spera che "entro l'aprile del 2007 tutti rappresentanti eletti dal popolo saranno in grado di assicurare un futuro luminoso per il nostro popolo, di promuovere la democrazia, di lavorare per una società di benessere, il tutto in linea alle esigenze ed alle tradizioni nazionali". Infine si è vantato di essere riuscito a smentire quanti "un anno fa dipingevano il Nepal come uno stato sull'orlo del fallimento e che ora sono scomparsi, dato che gli atti di terrorismo (di stampo maoista) sono stati limitati a lievi crimini".

Mentre il re si vantava per i risultati nella lotta al terrorismo i guerriglieri maoisti attaccavano il personale di sicurezza nel distretto occidentale di Palpa, circa 300 km a ovest di Kathmandu. L'esercito reale nepalese ha ammesso che 11 componenti del personale di sicurezza sono stati uccisi. I 4000 terroristi maoisti hanno liberato circa 300 prigionieri, fra cui 75 dei loro compagni. Devendra Lal Nepali, avvocato e leader del partito politico più grande del Nepal, ha confermato ad AsiaNews che, al contrario di quanto affermato dal re, la violenza non è stata contenuta e il "terrorismo si intensifica ogni giorno". Nepali ha poi aggiunto che non è possibile vincere la violenza con il potere militare, ma solo il dialogo e la democrazia "sono la panacea contro l'insurrezione maoista".

Secondo Nepali anche i maoisti vogliono la pace, e la realtà è che sono stati provocati con l'uccisone e la mutilazione dei propri fratelli nepalesi. "Ma il re non ha intenzione di fermare la violenza. È reso evidente dal fatto che non vuole iniziare un dialogo per cambiare la costituzione ed assicurare a tutti gli strati della società di essere rappresentati. Il re vuole far rivivere una monarchia di stampo medioevale, e questo è un anacronismo nella nostra era di democrazia e globalizzazione".

Nel frattempo il "Gruppo crisi internazionali" (Gci), una associazione per la libertà di pensiero con sede a Bruxelles, ha intitolato così il suo ultimo reportage: "Nepal: eletto il caos", ed ha dichiarato che il Nepal rischia il collasso politico e l'aumento di problemi e sofferenze per la popolazione fino a quando il governo monarchico non inizierà un ampio processo di pace. Nello stesso reportage Robert Templer, direttore del Cgi, ha dichiarato in modo esplicito che "il mondo esterno deve convincere re Gyanendra a cambiare la sua condotta politica e a favorire le condizioni per un vero processo di pace. In caso contrario la guerra civile diventerà sempre più aspra e aumenteranno le possibilità di gravi incidenti".

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