13/03/2012, 00.00
NEPAL - CINA
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Nepal alleato di Pechino: arresti arbitrari e torture per i tibetani in esilio

di Kalpit Parajuli
I rifugiati del Tibet denunciano continui controlli da parte della polizia. Il 10 marzo, 22 sono state arrestate durante una manifestazione. Per gli attivisti i campi profughi si sono trasformati in prigioni.

Kathmandu (AsiaNews) - "La polizia nepalese spia i tibetani in esilio. E' sufficiente camminare per strada in tre o quattro per essere mandati in carcere. Chi viene arrestato subisce torture e violenze". È quanto afferma ad AsiaNews Tsering Telsha Dolma, rifugiato tibetano che da anni vive in uno dei campi profughi della capitale nepalese. Secondo l'uomo l'influenza di Pechino sulle autorità nepalese ha reso impossibile la vita per gli oltre 20mila tibetani in esilio. Nonostante la paura, lo scorso 10 marzo centinaia di tibetani hanno ricordato la rivolta del 1959 contro l'esercito cinese. Per evitare problemi con la Cina, la polizia nepalese ha arrestato 22 manifestanti, con l'accusa di attività anti-cinese. 

Telsha Dolma sottolinea che Pechino e Kathmandu si muovono ormai all'unisono e considerano i tibetani come una minaccia comune ai loro interessi. "Ogni giorno - racconta - agenti della polizia e militari cinesi fanno irruzione nei campi per controllare le nostre attività, accusandoci di essere sostenitori di giornalisti e attivisti tibetani. Per questa ragione non parliamo mai con nessuno". 

Per oltre 40 anni il Nepal ha accolto migliaia di profughi tibetani favorendo il loro trasferimento a Dharamsala (India), sede del governo tibetano in esilio e dove a tutt'oggi risiede il Dalai Lama. Dopo l'abolizione della monarchia nel 2006 e la salita al potere di formazioni maoiste e comuniste il Nepal ha cambiato rotta, abbandonando lo storico alleato indiano e allacciando stretti rapporti con la Cina. In cambio di aiuti economici Pechino ha chiesto la chiusura delle frontiere con il Tibet e la repressione di qualsiasi manifestazione anticinese.

Tesang Dolma, leader del Tibetan Youth Congress in Nepal, è una giovane tibetana nata nei campi profughi. I suoi genitori si sono rifugiati in Nepal negli anni '80. La ragazza spiega che dopo gli accordi con Pechino "la polizia compie arresti preventivi e su larga scala. I campi profughi sono pieni di agenti. La popolazione subisce continue pressioni psicologiche e vive nella costante paura di essere arrestata". "I tibetani - afferma - non sono liberi di lavorare, di andare a fare la spesa, di visitare i loro cari in ospedale. Qualsiasi movimento che li porta fuori dai campi è motivo di sospetto".

A tutt'oggi il governo di Kathmandu nega la cittadinanza ai profughi di origine tibetana, compresi quelli nati sul suolo nepalese, giunti ormai alla terza generazione. I diritti dei rifugiati sono garantiti dall'Onu. Attraverso l'Alto commissariato per i diritti umani, l'organizzazione ha più volte denunciato la persecuzione subita dai tibetani, invitando il governo a prendere provvedimenti. Tesang Dolma, sottolinea che senza documenti i rifugiati non possono fare nulla. "Per noi è impossibile viaggiare e cercare lavoro in altri Paesi. Ciò  è un problema soprattutto per le nuove generazioni che vorrebbero studiare all'estero e avere un futuro migliore dei loro genitori".

 

 

 

 

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