Nepal, pellegrinaggio "politico" di un leader cinese alla "culla di Buddha"
Tang Jiaxuan, consigliere di Stato cinese, ha iniziato il 16 marzo una visita ufficiale di tre giorni in Nepal. "E' qui solo per vendere al mondo l'immagine di una leadership cinese rispettosa delle religioni, quando non sono diversi dai talebani".
Kathmandu (AsiaNews) La visita di un leader cinese ai luoghi santi del buddismo "è intrisa di ipocrisia: cerca solamente di vendere al mondo l'immagine di una leadership cinese rispettosa delle tradizioni del Buddha, quando non sono diversi dai talebani dell'Afghanistan". Così un monaco buddista commenta ad AsiaNews la visita ufficiale in Nepal di Tang Jiaxuan, consigliere di Stato cinese, iniziata il 16 marzo con un "pellegrinaggio" a Lumbini, il luogo dove sarebbe nato il Buddha, a circa 300 chilometri a sud-ovest dalla capitale.
Il gesto viene letto da molti analisti politici come un segnale delle intenzioni di Pechino nei confronti della questione nepalese: giocare un ruolo di mediazione fra il re Gyanendra ed i ribelli maoisti e portare in questo modo la pace nel Paese.
"Questa visita dice ad AsiaNews Sidheshwar Tamang, monaco buddista - è un grande segno di pace: significa che persino la Cina, che ha definito le mosse anti-democratiche del re come 'un affare interno del Nepal', ha capito che senza una mediazione fra le due forze non si può raggiungere una stabilità politica".
"Tuttavia aggiunge i cinesi sono solo mercanti, anche di fede e cultura: la visita di Tang è solo un modo per dire al monarca che la Cina non vuole continuare ad essere sua complice nella distruzione della democrazia in atto nel Paese. Il segnale è dato non per motivi ideologici, ma solo perché Pechino vuole evitare la condanna del mondo, e dell'India in particolare, per la sua partecipazione a questo massacro".
"In ogni caso continua io personalmente ritengo il viaggio di Tang a Lumbini una dissacrazione di questa santa terra. Il consigliere ha solo gettato sale sulle ferite di milioni di tibetani indifesi, che hanno visto la distruzione dei loro templi e dei loro santuari per mano dei cinesi sin dal 1959, quando l'esercito cinese ha invaso la regione. I leader cinesi non sono diversi dai talebani dell'Afghanistan che hanno demolito i Buddha di Bamiyan".
Pradeep Shakya, un operatore del settore turistico nepalese, rincara la dose: "L'ipocrita visita di Tang dice ad AsiaNews è un tentativo di prendere due piccioni con una fava: da una parte, vuole dire alle forze politiche nepalesi che solo la riconciliazione porta alla pace. D'altra parte, cerca di vendere al mondo l'immagine di una leadership cinese rispettosa del buddismo, che non deve essere temuta dai tibetani". "E' solo un modo conclude - per cercare di contrastare l'influenza internazionale del Dalai Lama, che con la diaspora del governo tibetano si è guadagnato il rispetto e l'ammirazione del mondo intero".
Tang, al termine della sua visita al luogo santo, ha detto che vorrebbe vedere Lumbini diventare "il centro mondiale della pace". Oggi il politico è nella capitale, dove si incontrerà con il re e con i membri dell'opposizione: è la prima volta, nel corso di una visita ufficiale, che un membro di un governo straniero ha dei colloqui con i ribelli.