Nepal, giovane sposa musulmana di 16 anni arsa viva per questioni di dote
Kathmandu (AsiaNews) - Continuano in Nepal le violenze contro le donne. Ieri, una giovane musulmana di Gularia (Bardia, Nepal occidentale) è stata arsa viva per un contenzioso sulla dote matrimoniale. Portata d'urgenza in un ospedale di Kathmandu, Shiwa Hasami, 16 anni, è morta per le gravi ustioni riportate. Diffusa ieri dai principali quotidiani nepalesi, la notizia ha sconvolto tutto il Paese. Attivisti e associazioni per i diritti umani hanno organizzato manifestzioni contro le violenze sulle donne, spesso vittime di tradizioni religiose ed etniche.
Al momento sono ancora poco chiare le dinamiche del delitto. In un primo tempo la polizia ha arrestato il fidanzato della ragazza, Babu Khan 23 anni, sospettato di aver ucciso Shiwa perché si sarebbe rifiutata di fuggire insieme a lui. Ma ora la polizia starebbe seguendo un'altra pista che vederebbe come principale autore dell'omicidio il fratello di lei, Tanbir Ahmed, e forse altri membri della famiglia.
Ramkripal Sah, funzionario di polizia responsabile delle indagini, afferma che "il fratello Tanbir Ahmed aveva avvertito la sorella di non sposare Babu Khan. Il padre di questi aveva chiesto una dote di 200 mila rupie nepalesi (circa 1800 euro), una cifra enorme per la famiglia Hasami, di estrazione molto povera. Non pagare la dote è un grave disonore fra le comunità musulmane e indù. Per l'ufficiale di polizia il fratello o uno dei familiari avrebbe voluto punire la giovane risoluta a volersi comunque sposare, anche senza dote, mettendo in seria difficoltà la famiglia.
Gli omicidi per dote sono molto diffusi nei Paesi dell'Asia del sud. Secondo il National Crime Records Bureau dell'India, nel 2010 il Paese ha avuto 8.391 casi di morti per dote e almeno 90mila casi di torture e abusi da parte di mariti e loro familiari. In Bangladesh, Paese a maggioranza musulmana, almeno 325 donne torturate e uccise per ragioni legate alla dote, solo nel 2011. Anche il Nepal non fa eccezione. Per la polizia i casi di violenza domestica contro le donne da parte di famiglie e mariti insoddisfatti della somma erogata dalla moglie sono centinaia ogni anno. La tendenza è più alta nelle comunità musulmane e madeshi. Ramkripal Sah sottolinea però che quello di Shiwa è il primo caso in cui è la famiglia della sposa la responsabile delle violenze.
Nazrul Hussan Falahi, leader islamico, spiega che la religione musulmana non ha nulla a che fare con questa vicenda, frutto invece di una mente malata e della povertà".