Nepal, cattolici: gli scioperi non tocchino scuole e bambini
Un sacerdote a Chitwan racconta la preoccupazione che i frequenti scioperi contro la monarchia compromettano l'istruzione nel Paese: ci costringono a chiudere e subiamo frequenti minacce dai ribelli. Il richiamo al principio Unicef: bambini "zona di pace".
Kathmandu (AsiaNews) I frequenti scioperi e le agitazioni in Nepal rischiano di compromettere gli studi di centinaia di migliaia di bambini, costretti a non potere andare a scuola durante le agitazioni. La preoccupazione è del personale cattolico impegnato nel settore educativo nel Paese. P. Wilson, direttore di una scuola cattolica nel distretto di Chitwan racconta che ieri "tutte le istituzioni scolastiche erano paralizzate a causa dello sciopero". Questo genere di protesta è stata finora prerogativa dei maoisti. Allo sciopero generale di ieri, però, hanno aderito anche 7 partiti politici impegnati per la democrazia contro il pugno di ferro del re Gyanendra.
"Speravamo - denuncia il sacerdote - che i partiti democratici avrebbero tenuto conto almeno del principio propugnato dall'Unicef di considerare ogni bambino 'zona di pace'". Invece ieri nessun bambino è uscito di casa: "Gli scioperanti e le forze di sicurezza hanno trasformato il Paese in un campo di battaglia". Lo sciopero è finito con mille persone arrestate e più di 150 ferite, durante gli scontri tra dimostranti e polizia.
P. Wilson riferisce che la Chiesa cattolica in Nepal gestisce circa 20 scuole, "molto apprezzate", e offre educazione a 40 mila bambini. Caratteristica di queste scuole è di non essere coinvolte nella politica del Paese. "Per questo - spiega - siamo angosciati quando ci costringono a chiudere". Il sacerdote avverte che "la chiusura forzata delle scuole sta diventando una malattia cronica della cultura politica del Nepal e non è un buon segno per la democrazia, di cui l'educazione è linfa vitale". P. Wilson racconta inoltre che molte scuole cattoliche fuori Kathmandu hanno subito minacce dai maoisti e alcuni attacchi dinamitardi contro i loro campus".
Pawan Rijal, attivista per i diritti umani, ha detto che "il principio della 'zona di pace', proclamato nel 2001 dall'Unicef non è stato sostanzialmente rispettato". "E ora anche i democratici sembrano ignorarlo" aggiunge. Secondo un recente rapporto del fondo Onu per l'infanzia, dall'inizio della rivolta maoista, nel 1996, sono morti 500 bambini, più di 4 mila sono rimasti orfani e circa 40 mila sono stati costretti a fuggire.