Nepal, cattolici e protestanti dicono no agli aborti selettivi
Kathmandu (AsiaNews) - A causa della crisi economica e dell'instabilità politica e sociale si diffonde la pratica degli aborti selettivi illegali fra le famiglie nepalesi. In questi giorni, leader religiosi cristiani e indù, medici e attivisti pro-life hanno lanciato un appello al governo per porre fine a questa pratica vietata dal codice e punita con il carcere. A tutt'oggi non si hanno dati ufficiali, ma fonti locali sottolineano che diverse organizzazioni e operatori sociali stranieri stanno sfruttando il caos politico per diffondere il ricorso all'aborto selettivo fra le famiglie più povere.
L'interruzione della gravidanza è legale dal 2002 per i casi in cui vi è un rischio per la salute della donna o del bambino, in caso di stupro, o se la donna non è capace di intendere e volere. L'aborto selettivo o forzato è illegale. Nelle aree rurali molte organizzazioni non governative straniere hanno diffuso la cultura della contraccezione e della sterilizzazione volontaria per combattere la povertà. Dal 2006 a oggi almeno una donna su 10 fa ricorso a interruzioni di gravidanza o utilizzo di pillole abortive e contraccettive. Dal 2001 al 2006 il tasso di fertilità è passato dal 4,1 al 3,3.
Cattolici, protestanti tentano da anni di ostacolare il ricorso all'aborto e alla selezione dei feti in base al sesso. Achala Baidhaya, donna e medico cristiano, spiega "che favorire l'interruzione della gravidanza, è una minaccia per il futuro della società nepalese". La donna sottolinea che in molte regioni vi è ancora la credenza indù che se una coppia non ha figli maschi non godrà del paradiso. Tale tradizione unita alle difficoltà economiche spinge le famiglie a scegliere l'aborto selettivo. Suni Achrya, anch'egli medico, spiega che spesso sono i mariti a costringere le moglie ad abortire. L'operazione viene condotta nella maggior parte dei casi in strutture non attrezzate e provoca gravi danni alla salute alle donne, sia sul piano fisico che psicologico.
Secondo K.B. Rokaya, pastore protestante e attivista per i diritti umani "l'aborto è una pratica criminale che va condannata. "Un bambino - afferma - è un dono di Dio ed ha diritto a nascere. Il governo deve applicare la legge e incentivare politiche di sostegno alle famiglie".