13/02/2014, 00.00
NEPAL
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Nepal, 500 spose bambine indù e buddiste. Ma il "marito" è un albero

di Christopher Sharma
Come ogni anno, i tribali Newari hanno celebrato una particolare usanza, un rituale di fertilità in vista del matrimonio "vero". Molti critici definiscono la pratica "una superstizione" e la considerano un lasciapassare per le unioni con minorenni.

Kathmandu (AsiaNews) - Più di 500 bambine indù e buddiste sotto i 12 anni hanno partecipato a un matrimonio di gruppo, durante il quale sono state sposate a un bael, un albero da frutto. La cerimonia è avvenuta all'inizio di questa settimana nel cuore della valle di Kathmandu (Nepal), dove vivono i tribali di etnia Newar, di religione indù e buddista.

Secondo la pratica tradizionale, prima di raggiungere la pubertà le bambine indù della comunità di Newar devono essere sposate a un albero di bael, il cui frutto si chiama aegle. Il rito matrimoniale si chiama Ehi, nella lingua locale, e coinvolge ragazzine tra i 5 e i 12 anni. La cerimonia dura in genere due giorni: inizia con i rituali di purificazione e si conclude con il Kanyadan, il momento in cui il padre "dona" la figlia.

Molte di loro non comprendono il significato di quello che stanno facendo. "Questo è il mio matrimonio - racconta ad AsiaNews Prisha Shakya, 5 anni - e la mia famiglia mi ha donato un vestito nuovo e del buon cibo oggi. Ma non so molto altro". "Questo - spiega Sabita, sua madre - fa parte della nostra cultura religiosa. Avremo un posto in cielo se le nostre figlie si sposano prima di avere le mestruazioni".

Secondo la tradizione seguita dai Newari, l'aegle è lo sposo, che simboleggia l'eterno scapolo Kumar, figlio del dio indù Shiva. Il matrimonio garantisce alla ragazza di diventare e rimanere fertile. Il frutto deve essere maturo e succoso e non riportare alcun danno. Se risulta ammaccato, allora la sposa sarà destinata ad avere un marito brutto e infedele. Tuttavia, la ragione più importante dietro questa pratica è che se la giovane si sposa con Kumar, rimarrà pura e casta, e non verrà considerata una vedova qualora il "vero" marito dovesse morire, poiché sarà già sposata con una divinità.

Rishi Sapkota, un professore esperto di induismo, nota però l'aspetto pericoloso del rito: "Questa pratica pone le basi per la diffusione dei veri matrimoni di spose bambine. È una tradizione basata su superstizioni, non su veri insegnamenti religiosi". 

 

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